Trump e la fine del secolo americano: l’Ucraina abbandonata e il rischio di nuove guerre in Europa
La recente telefonata amichevole tra Donald Trump e Vladimir Putin segna un cambiamento significativo nella politica estera americana, un cambiamento che potrebbe avere ripercussioni profonde sugli equilibri geopolitici globali. Secondo l’analisi di Roberto Fabbri su Il Giornale, questo nuovo corso rappresenta non solo il tramonto dell’egemonia americana in Europa, ma anche un vantaggio strategico per Mosca e Pechino.
Con l’assegnazione del nuovo segretario alla Difesa, Pete Hegseth, Trump ha chiarito che la sicurezza europea non è più una priorità per gli Stati Uniti. Questa posizione implica che l’Ucraina non entrerà nella NATO, non riavrà i suoi confini pre-invasione e gli Stati Uniti non interverranno militarmente per garantire la sua sicurezza. Trump ha affermato: “Putin non vuole l’Ucraina nella Nato, e per me va bene”, annunciando così un allineamento critico con il Cremlino.
Questa nuova politica non è priva di conseguenze. L’accettazione della violazione dell’integrità territoriale ucraina potrebbe estendersi a Paesi baltici come Lituania, Lettonia ed Estonia, membri della NATO e dell’Unione Europea. Fabbri avverte che una futura aggressione russa potrebbe iniziare proprio da queste regioni, espandendosi poi verso la Polonia e altre nazioni dell’Europa centrale, giustificata da presunte garanzie di sicurezza russa.
Il pensiero di Aleksandr Dugin, noto per il suo eurasiamismo, rappresenta il fondamento ideologico di questa strategia, volendo un’Europa sotto l’influenza di Mosca e con una “sovranità limitata”. Trump, ignora o finge di ignorare questa realtà, contribuendo involontariamente a realizzarla.
La visione di Trump sulle relazioni internazionali è radicalmente diversa da quella tradizionale. Non si considera un alleato dell’Europa; piuttosto, vede i Paesi europei come “cagnolini al guinzaglio” o rivali da controllare. La sua filosofia di “America First” riflette un disinteresse per l’Occidente e la NATO, rendendo l’Ucraina una pedina sacrificabile in questa nuova logica geopolitica.
Il metodo di Trump ricorda quello degli autocrati come Putin e Xi Jinping, con cui intende trattare da pari per spartire il mondo. Le sue minacce passate, rivolte a Paesi come la Danimarca o il Canada, dimostrano che il suo approccio è un modus operandi ben definito, caratterizzato da un pugno duro con i deboli e da compromessi con i forti.
Le ripercussioni di questa politica si estendono oltre il confine europeo. La disposizione di Trump nei confronti di Putin rafforza anche la posizione della Cina. Se gli Stati Uniti non sono più il bastione della democrazia e accettano la violazione dei trattati internazionali, l’invasione di Taiwan da parte di Pechino diventa una possibilità concreta.
Fabbri conclude che con questa scelta, Trump ha smantellato il principio che ha storicamente fatto degli Stati Uniti il difensore dell’Occidente. Le conseguenze di questa svolta saranno enormi, e l’Europa potrebbe trovarsi sola di fronte a una nuova era di conflitti e instabilità.