Spara ai ladri e sventa il furto, poi la batosta per lui: i video choc
Vicenza – Un episodio clamoroso ha riacceso il dibattito sulla legittima difesa in Italia. Roberto Zancan, un noto gioielliere vicentino, si è ritrovato al centro di un’indagine per porto abusivo di armi dopo aver fermato un tentativo di furto nel suo laboratorio, dove dieci rapinatori armati hanno tentato di assaltarlo. Nonostante il suo coraggio e i mezzi di autodifesa regolarmente detenuti, è lui, a quanto pare, a dover confrontarsi con la giustizia.
“Perché io?”, si è chiesto Zancan durante un’intervista a Quarta Repubblica, visibilmente provato e indignato. L’aggressione che ha subito non è un caso isolato; nel corso degli anni, il gioielliere ha già affrontato sei tentativi di furto, compreso uno particolarmente violento nel 2015, fermato grazie all’intervento di un benzinaio.
Questo ultimo episodio si è verificato nel cuore della notte, quando Zancan è stato svegliato da rumori sospetti. Davanti ai suoi occhi si è presentato un gruppo di dieci uomini armati intenti a irrompere nel suo laboratorio. Spinto dall’istinto di sopravvivenza e dalla necessità di difendere il suo lavoro, ha preso la pistola, regolarmente detenuta, e si è preparato ad affrontarli. “Ho sparato tre colpi in aria per intimidire i ladri, ma non si sono fermati. Quando si sono avvicinati, ho dovuto scegliere tra la mia vita e la loro aggressione”, ha spiegato il gioielliere.
Nonostante la legittimità della sua azione, Zancan è stato immediatamente oggetto di un’indagine per porto abusivo di armi. Le forze dell’ordine hanno rapidamente confiscato la sua pistola e si sono concentrate sulla sua condotta, invece di perseguire i rapinatori che nel frattempo erano in fuga. Il gioielliere ha espresso il suo profondo disagio: “La prima cosa che hanno fatto è stata portarmi via la pistola. Poi mi hanno interrogato mentre i rapinatori erano ancora in libertà”.
Un punto controverso nell’inchiesta riguarda il tragitto di soli 300 metri che Zancan ha percorso tra la sua abitazione e il laboratorio. Sebbene le leggi italiane permettano di detenere armi in casa e in azienda, Zancan si trova ora a dover giustificare un’azione che la legge considera porto di arma invece di legittima difesa.
Con frustrazione, ha dichiarato: “Non mi sento tutelato. Lo Stato dovrebbe proteggere chi lavora e chi si difende. Invece, qui succede che vieni trattato come un criminale per aver difeso te stesso”. Dieci giorni dopo l’assalto, Zancan ha ricevuto un avviso di garanzia, un ulteriore colpo dopo lo shock dell’attacco subito.
L’episodio ha catturato l’attenzione dei media, divenendo simbolo delle ambiguità che circondano la legittima difesa in Italia. Le leggi in materia sono state modificate nel corso degli anni, ma il confine tra autodifesa e porto abusivo rimane sfocato, alimentando dibattiti e controversie.
In risposta alla vicenda, numerosi imprenditori e cittadini hanno espresso la loro solidarietà a Zancan, sottolineando che è inaccettabile che chi cerca di difendersi debba affrontare l’orda della giustizia. Politici di vari schieramenti hanno sollecitato una revisione delle normative e una maggiore chiarezza riguardo ai diritti di autodifesa. Come osservato da molti, “Non possiamo continuare a criminalizzare chi si difende da bande armate”.
La storia di Roberto Zancan non è solo quella di un uomo che ha subito un attacco, ma anche un monito su quanto sia delicato ed emozionante il confine tra difesa personale e la legge.