Scopre che il figlio è gay, paga un picchiatore per spezzargli le mani: “Non deve più fare il chirurgo”
Aveva scoperto che il il figlio, un noto chirurgo, era gay, e aveva deciso di porre fine alla sua carriera professionale assoldando un picchiatore per spezzargli le mani. E’ successo a Torino, dove un padre di famiglia decisamente di vecchio stampo era a tal punto disgustato dall’omosessualità del figlio da volerlo massacrare di botte e stroncargli il futuro lavorativo in un colpo solo.
Il chirurgo gay salvato dal picchiatore che lo doveva rovinare
A salvare il chirurgo è stato proprio il picchiatore «assunto» dal padre, che mosso a compassione ha avvisato il figlio di quello che stava per accadere. La vicenda è finita in tribunale ed è terminata con un patteggiamento di due anni da parte del padre. Lo riporta TgCom24.
Il coming out e la rivista di gossip
L’incubo è cominciato alla fine del 2016 quando il chirurgo, 40 anni, si era recato a casa dei genitori presentando il proprio compagno e rivelando così alla famiglia di essere gay. Un coming out che tutti sembravano aver accettato di buon grado. Un evento avvenuto nel 2017 cambia però le carte in tavola: alcuni mesi dopo un noto settimanale di gossip pubblica delle foto che ritraggono il chirurgo in atteggiamenti inequivocabili assieme a un noto attore su una spiaggia francese. Il padre perde il lume della ragione e inizia a dare in escandescenza anche contro la moglie: litigi, botte, tanto che la donna decide di lasciarlo dopo 42 anni di matrimonio.
Il padre voleva rovinare il figlio
Prima tocca al compagno del chirurgo ad essere aggredito, poi è il turno del «figliol prodigo», che un giorno viene avvicinato dal picchiatore il quale gli rivela il piano del padre che vuole vederlo con le mani spezzate «perché gay» rovinandogli così la carriera. Colto da un dubbio morale il malvivente decide di aiutare il medico e inscenare un finto pestaggio. Dopodiché scatta la denuncia nei confronti del padre, intuendo che non si sarebbe fermato e avrebbe proseguito con gli atti persecutori. E dopo due anni di terrore («Mi facevo scortare dagli amici ovunque, temevo che prima o poi qualcuno mi avrebbe rovinato davvero la vita») il giudice emette la sentenza: un patteggiamento di due anni senza però risarcire il danno.