Pensioni, cosa accadrà nel 2025: la notizia spaventa gli italiani
Il governo è al lavoro sulla manovra pensioni 2025 e ha diverse opzioni per il prossimo anno. Mentre la Lega chiede nuovamente di lanciare Quota 41, alcuni esperti del Cnel sta lavorando a un rapporto che offrirà al governo alcune alternative per riformare il sistema pensionistico. Ma questo piano potrebbe non piacere agli italiani, che potrebbero avere pochi incentivi per andare in pensione prima. (Continua dopo le foto)
Pensioni, cosa cambierà nel 2025: Quota 41
Una delle ipotesi è quella di reintrodurre Quota 41, la riforma che permetterebbe di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Questa è l’opzione sulla quale preme la Lega, ma ci sarebbero diversi problemi. Non è detto che lo Stato abbia tutti i soldi per pagare le pensioni di questo tipo. L’attuazione di Quota 41 richiederebbe dunque a chi aderisce, di accettare un assegno calcolato interamente con il metodo contributivo, e quindi più basso. Inoltre i criteri per poterla richiedere sarebbero più restrittivi. Dunque il governo sta cercando nuove opzioni per disincentivare i lavoratori a scegliere le pensioni anticipate. (Continua dopo le foto)
Pensioni, cosa accadrà il prossimo anno
Affinché le pensioni siano una spesa sostenibile per il Paese è necessario disincentivare il pensionamento anticipato. E proprio su questo starebbe lavorando il governo: limitare le pensioni e portare i lavoratori a uscire più tardi. Una notizia che non farà piacere a molti italiani. Già quest’anno, gli anticipi pensionistici hanno visto finora un calo delle adesioni. Questo è accaduto probabilmente perché i criteri sono stati decisamente ristretti. Attualmente si può contare solo sull’Ape sociale, su Opzione donna o Quota 103, che però ha visto un ricalcolo al ribasso dell’assegno e una finestra di attesa più lunga rispetto al 2023. Il prossimo anno anche la pensione di vecchiaia e quella di anzianità potrebbero avere requisiti diversi.
Al Cnel, una commissione di esperti sta lavorando fin dal febbraio di quest’anno sul tema delle pensioni. Il piano, ancora non definitivo, prevederebbe di sostituire le quote e gli anticipi esistenti con la cosiddetta “flessibilità strutturale”. Significherebbe poter andare in pensione in qualunque momento dai 64 anni fino ai 72 anni, rispettando alcuni requisiti: una pensione maturata pari ad almeno una volta e mezzo l’assegno sociale (quindi poco più di 800 euro); e almeno 25 anni di contributi versati. Inoltre, chi lascia il lavoro con questo sistema prima di aver raggiunto la pensione di vecchiaia dovrebbe accettare un assegno ricalcolato con il metodo contributivo, o comunque ridotto (tanto più basso quanti sono gli anni di anticipo). La pensione di vecchiaia così si potrebbe ottenere con 67 di età e 25 di contributi (anziché 20 come ora). Anche la pensione di anzianità, che oggi richiede 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), avrebbe un requisito d’età minima fissato a 64 anni, riporta Fanpage.