Migranti, fatture gonfiate ai centri di accoglienza: indagati onlus e prefetti
Sono addirittura 42 le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta relativa alle gare d’appalto per la gestione del Cie (Centro d’identificazione ed espulsione) e del Cara (Centro d’accoglienza per richiedenti asilo) di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) negli anni compresi tra 2011 e 2015.
Nella rete degli inquirenti anche 3 prefetti, vale a dire Gloria Sandra Allegretto (ex viceprefetto di Gorizia), Maria Augusta Marrosue (ex prefetto di Gorizia e Treviso) e Vittorio Zappalorto (attuale prefetto di Venezia).
Le indagini, condotte dal sostituto procuratore Valentina Bossi, sono arrivate all’atto di chiusura, che comporterà la richiesta di rinvio a giudizio per i coinvolti. I tre prefetti dovranno difendersi anche dall’accusa di concorso esterno in associazione a delinquere finalizzata ad una serie di altri reati, come la turbativa d’asta, la truffa aggravata e il falso. L’inchiesta ha avuto inizio in seguito a delle irregolarità individuate a carico dei vertici della onlus Connecting People, una associazione con sede a Trapani che si occupava, per l’appunto, della gestione di Cie e Cara.
Risale al 2013 la conclusione di una delle gare d’appalto sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori, del valore di circa 17 milioni di euro. In quel periodo il prefetto in carica era Maria Augusta Marrosue, eletta nel 2008. Connecting People, in realtà, era già stata esclusa dalla corsa nel 2011, dopo una verifica della Commissione giudicatrice. Ciò nonostante fu riammessa con riserva, grazie ad una dichiarazione in autotutela, e risultò addirittura vincitrice della gara. Il patto fu siglato dalla Marrosue e da un altro degli indagati, vale a dire Giuseppe Scozzari, presidente della sopra citata onlus.
Le indagini si sono estese anche al periodo immediatamente successivo l’aggiudicazione dell’appalto, quando il prefetto divenne Vittorio Zappalorto (2013-2015). Secondo la procura ci sarebbero stati degli ammanchi nella gestione di Cie e Cara, per un valore di circa 230mila euro. Agli stranieri non venivano fornite sigarette, schede telefoniche e denaro contante, oltre al fatto che la struttura d’accoglienza si mostrava carente circa l’acqua erogata agli ospiti e lo smaltimento dei rifiuti. Tutto, secondo gli inquirenti, con la connivenza o la cattiva vigilanza della stessa Prefettura, a cui furono presentati dei conti con risarcimenti decisamente gonfiati. Si parla di cifre superiori al milione e mezzo di euro, su cui il prefetto avrebbe quantomeno dovuto vigilare. Nessuna obiezione dai suoi uffici neppure quando la onlus Connecting People presentò, il tutto certificato, fatture per un valore complessivo di 2 milioni e mezzo di euro. Non solo. A conclusione del suo rapporto di gestione, Connecting People ricevette addirittura una liquidazione pari a 4 milioni di euro. Un danno enorme per l’erario, le cui responsabilità saranno maggiormente chiarite in sede processuale.