Medici di famiglia, cambia tutto: ecco come funzionerà il nuovo sistema. “Svolta epocale”

La riforma proposta per il rapporto tra i medici di famiglia e il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) rappresenta un cambiamento radicale che potrebbe ridisegnare il panorama dell’assistenza sanitaria in Italia. Come anticipato dalla rubrica Dataroom di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, questa bozza di riforma prevede che i medici di medicina generale, attualmente liberi professionisti, diventino dipendenti del SSN, similmente al personale ospedaliero. Gabanelli definisce questa trasformazione come un “passaggio epocale”, e non senza ragione, poiché le implicazioni per i cittadini potrebbero essere di vasta portata.

Le principali innovazioni previste dalla riforma si articolano in tre punti fondamentali. In primo luogo, si sottolinea la necessità di un rapporto di impiego tra il SSN e i medici, per garantire un’assistenza primaria più efficace e organizzata. In secondo luogo, il documento indica che il rapporto attuale tra il SSN e i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta è destinato a esaurirsi. Ciò significa che i nuovi medici di famiglia saranno assunti come dipendenti, mentre gli attuali potranno mantenere la loro posizione di liberi professionisti, con la possibilità di optare per un’assunzione nel SSN. Infine, la riforma prevede che l’attività medica sia garantita sia negli studi privati che nelle nuove Case della Comunità, dove i cittadini potranno accedere a una gamma di servizi medici e specialistici in orari estesi, dalle 8 del mattino alle 8 di sera.

Un cambiamento significativo riguarda l’orario di lavoro dei medici di famiglia, che passeranno a un impegno settimanale di 38 ore. Questo rappresenta una netta differenza rispetto all’attuale minimo garantito, che varia tra 5 e 15 ore, a seconda del numero di pazienti. Secondo la proposta, il tempo sarà distribuito in modo che una parte significativa delle ore sia dedicata non solo all’assistenza diretta ai pazienti, ma anche alle necessità della programmazione territoriale. I medici dovranno quindi alternare le visite ai propri assistiti con attività di comunità, come vaccinazioni e visite per pazienti di altri medici, assicurando una presenza medica continua e una risposta adeguata alle esigenze del territorio.

Le Case della Comunità, fulcro di questa riforma, sono destinate a diventare il centro dell’assistenza sanitaria territoriale, come previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Queste strutture offriranno una gamma completa di servizi sanitari e sociosanitari, mirando a migliorare l’accesso alle cure primarie e garantire una maggiore continuità assistenziale per i cittadini.

Tuttavia, questa riforma solleva interrogativi significativi. Uno dei punti più critici riguarda i presupposti giuridici ed economici necessari per il passaggio dei medici di medicina generale al ruolo di dipendenti pubblici. Secondo alcune analisi, a legislazione vigente, mancherebbero tali presupposti, rendendo complessa l’attuazione della riforma.

In conclusione, la proposta di riforma della medicina generale offre una visione ambiziosa di un sistema sanitario più integrato e responsabile. Se attuata, potrebbe migliorare significativamente l’assistenza primaria in Italia, ma è fondamentale affrontare con attenzione le sfide giuridiche ed economiche che questo cambiamento comporta. Solo attraverso un attento esame delle implicazioni e un dialogo costruttivo tra le parti coinvolte si potrà realizzare questo ambizioso progetto per il futuro della sanità italiana.