La svolta M5s: sposa il fisco e molla le piccole imprese
Dai banchetti contro Equitalia allo Stato di polizia tributaria: la giravolta del M5S è compiuta.
Dieci anni dopo, ministri e parlamentari dei Cinque stelle passano dall’altra parte della barricata. I volti di quelli che oggi occupano poltrone in Parlamento e nei ministeri sono gli stessi che un tempo (da attivisti) scendevano in piazza al fianco di commercianti, imprenditori e famiglie vessate dal fisco.
Un tempo, Grillo voleva murare le porte degli uffici di Equitalia per non far uscire le cartelle. Mentre per Di Maio (1 aprile 2018) – «il fisco era un rischio d’impresa in piena regola, che allontana onesti contribuenti ed investitori». Oggi basta dare uno sguardo alla bozza del decreto fiscale, che accompagnerà la manovra, per avere idea della metamorfosi grillina. E capire come nel sogno di Stato a Cinque stelle gli imprenditori siano considerati tutti evasori fino a prova contraria. Nel decreto fiscale l’elenco di tasse e vendette sociali contro gli imprenditori è infinito: dalla doppia stretta sulle compensazioni per famiglie e imprese, all’obbligo per le aziende di utilizzare il credito d’imposta solo dopo averlo indicato in dichiarazione; dall’accorpamento dell’Imu con la Tasi sugli immobili con aliquota ancora da definire (ma sicuramente superiore a quella attuale) ai maggiori poteri (identici a quelli di Equitalia) dati ai Comuni nella riscossione dei tributi locali. Usando le parole di Renato Brunetta «sembra di leggere un vademecum da vero e proprio Stato di polizia tributaria». Una caccia ai risparmi senza precedenti. E poi ancora: tasse sulle merendine, su bibite gassate e zuccherate e voli. E infine aumento dell’Iva per ristoranti e alberghi. I grillini si riscoprono i nuovi fedeli amici del Fisco.
E se fino a ieri si battevano per le compensazioni tra crediti e debiti per le imprese, oggi quella battaglia viene sacrificata in nome dello slogan: più tasse per tutti. Un cambiamento radicale, palpabile in un Movimento, ormai lacerato e smarrito, che si prepara a celebrare nella città di Napoli, nel prossimo week (12-13 ottobre), il decennale della nascita. Festeggiamenti accompagnati da venti di scissioni, polemiche e ribellioni. Gli ex ministri Lezzi, Toninelli e Grillo diserteranno la manifestazione di Napoli. Si moltiplicano i focolai di protesta. Dopo il primo raduno a Firenze dei frondisti, a Napoli, Catanzaro e Palermo gli attivisti si organizzano in comitati e correnti per contestare la linea (o deriva) che imboccato il Movimento. E un altro segnale della metamorfosi grillina arriva dal divieto imposto da Casaleggio ai frondisti di organizzare in occasione dell’evento di Napoli una giornata di confronto.
Di Maio vuole zittire il dissenso. Ieri l’associazione Rousseau non ha autorizzato l’incontro tra gli attivisti ribelli durante Italia a 5 Stelle. E sui social monta la rabbia. Indignazione che rischia di guastare la festa a Casaleggio, Di Maio e Grillo. I dissidenti hanno avviato un’interlocuzione con Gianluigi Paragone e Alessandro Di Battista. Il Dibba, per ora, resta defilato. Mentre Paragone offre sostegno alla battaglia dei frondisti. Un’implosione certificata da sondaggio realizzato da Emg Acqua per Agorà: per il 54% degli intervistati il M5s negli ultimi 10 anni è peggiorato. Tradendo ideali e battaglie identitarie. E il 47% (quasi tutti) del 54% arriva dall’elettorato grillino. Altro che festa delle stelle. A Napoli sarà celebrato il funerale (politico) del Movimento.