La confessione della Germania: “È vero, noi approfittiamo dell’Euro”
Sarà lo spirito dell’anniversario della caduta del muro di Berlino, sarà il rallentamento dell’economia tedesca, sarà la necessità di ammettere che qualcosa nel progetto europeo non ha funzionato.
Ma sentirsi dire dal falco per eccellenza quel che gli studi avevano già evidenziato, cioè che la Germania ha “approfittato dell’Euro”, non è cosa da poco.
La confessione, se così vogliamo chiamarla, è opera di Wolfgang Schaeuble, ovvero il più ferreo sostenitore dell’austerità tedesca. L’uomo politico in grado di sopravvivere alla caduta del muro, al crollo politico di Helmut Kohl e alla decadenza di Angela Merkel. Oggi è presidente del Bundestag, ma girovagava nei palazzi del governo già nel 1989, quando Kohl era Cancelliere e lui ministro dell’Interno. Negli anni della crisi greca (e italiana) è stato duro ministro delle finanze contro cui si sono scontrate tutte le richieste di flessibilità avanzate dagli esecutivi nostrani. Oggi Schaeuble è stato intervistato da Repubblica in occasione dei 30 anni dalla riunificazione tedesca. Una data importante, resa possibile anche dalla “promessa” fatta alle capitali europee di traghettare la Germania nella moneta unica, abbandonando il marco “simbolo di affidabilità e stabilità”. “Kohl promise che la Germania unificata sarebbe sempre rimasta ancorata al processo di integrazione europea”, spiega l’ex ministro, “Ciò avrà accelerato il processo di dell’Unione monetaria”.
Un processo che si è trasformato nel tempo in una vera e propria miniera d’oro. Lo scorso marzo uno studio, pubblicato dal think tank tedesco Centre for European Politics e realizzato da Alessandro Gasparotti e Matthias Kullas, aveva certificato il beneficio dell’euro sull’economia teutonica dal 1999 al 2017. L’impatto della valuta europea ha spaccato in due l’Ue: da una parte olandesi e tedeschi, che hanno guadagnato rispettivamente 23mila e 21mila euro pro-capite; dall’altra tutti gli altri, con l’Italia fanalino di coda per aver perso oltre 73mila euro pro-capite. Tradotto: Berlino in 20 anni ha visto incrementare la sua ricchezza complessiva di 1,9 trilioni, proprio mentre il Belpaese perdeva 4,3 trilioni in termini di ricchezza totale. Se poi si vuole osservare la faccenda dal lato del prodotto interno lordo, allora basti pensare che mentre il Pil della Germania è cresciuto di 280 miliardi (€ 3.390 pro capite), quello dello di Roma è crollato di 530 miliardi, circa € 8.756 pro capite. Tralasciando l’analisi sul surplus commerciale mai contestato a Berlino, gli analisti il motivo di tanta disuguaglianza è da imputare alla “diversa competitività” degli Stati Ue. Uno sbilanciamento mai corretto dalla Bce o da Bruxelles, ma che ha reso l’euro di fatto la moneta tedesca (una valuta debole per una economia forte), favorendone la crescita. L’impossibilità per gli altri Paesi di svalutare la propria moneta, come fatto (anche troppo) in passato, ne ha così ridotto la competitività internazionale in favore della locomotiva d’Europa.
Ecco perché, alla luce dei dati emersi negli ultimi mesi, le parole di Schaeuble assumono un sapore diverso. “È vero – ha ammesso il presidente del Bundestag – noi approfittiamo dell’euro. Anche i tedeschi lo hanno capito”. È caduto un altro muro.