Giovane italiano inventa l’impianto che salverà il pianeta: trasforma i rifiuti in carburante a soli 29 euro
Si chiama Gianluca Gatto, è un giovane napoletano di 33 anni ed è l’uomo più ricercato dalle compagnie petrolifere di tutto il mondo, perché ha inventato un dispositivo casalingo in grado di trasformare i rifiuti domestici in biocarburante compatibile con tutti i motori diesel. Grazie al finanziamento ottenuto dall’Unione Europea è riuscito a costruire il primo prototipo funzionante dell’impianto, il quale, spera, sarà presto immesso sul mercato a un prezzo accessibile a tutti.*
Ecco l’intervista di VesuvioLive a Gianluca Gatto:
Ci spieghi in cosa consiste il tuo progetto e come funziona?
Il dispositivo che ho inventato, e al quale ho dato come nome EcoParthenope, non è altro che un macchinario analogo a quelli già in grado di ottenere un combustibile a partire dalle biomasse attraverso l’attivazione di un processo chimico. EcoParthenope tuttavia presenta diversi vantaggi: prima di tutto è un apparecchio domestico, dunque di piccole dimensioni e compatibile con buona parte – non tutti – dei rifiuti organici che può dare un normale nucleo familiare. In secondo luogo, non sottrae risorse alimentari né terreni destinati alla coltivazione di generi alimentari per la popolazione: il Brasile, che è tra i primi produttori al mondo di bioetanolo, ha sottratto risorse alimentari alla sua popolazione, anche perché alcuni produttori hanno puntato sul bioetanolo perché rende più ricavi, provocando perciò un aggravarsi della situazione di fame e povertà nelle fasce più basse della popolazione. Se gli alimenti servono a produrre esclusivamente carburante, è ovvio che il prezzo di quelli destinati al consumo umano diventino più cari, poiché non si può agevolmente soddisfare la domanda di cibo. EcoParthenope, invece, utilizza gli scarti che sarebbero stati comunque gettati via, mentre quelli non compatibili con il macchinario andranno nel normale cestino della raccolta differenziata.
Quanto costerà EcoParthenope?
Il prototipo di EcoParthenope oggi costa diverse migliaia di euro, ma conto di riuscire a venderlo a prezzi accessibili a tutti affinché vi sia un vantaggio consistente per la popolazione. Ci sono varie compagnie petrolifere e aziende specializzate interessate al brevetto, se si verificheranno le condizioni adeguate il loro aiuto sarà determinante per la commercializzazione a basso costo nel breve periodo. In caso contrario sceglierò una strada diversa, più autonoma e, allo stesso tempo, necessariamente più lunga. Il mio sogno è quello di vendereEcoParthenope al prezzo di 29 euro, accessibile veramente a tutti.
Qual è l’impatto ambientale del carburante prodotto con la tua invenzione?
È molto minore rispetto a quello del normale gasolio, poiché la quantità di carbonio liberata durante la combustione era quella già presente nell’atmosfera quando si sono formati sia gli organismi animali che quelli vegetali, poi convertiti. Se un ordinario biodiesel riduce fino a quasi dell’80%le emissioni nette di biossido di carbonio (CO2), quello di EcoParthenope innalza ulteriormente quella percentuale, visto che non devono essere conteggiate le emissioni date dalla coltivazione e dal trasporto delle materie prime. Se, inoltre, dotiamo gli impianti di scarico di auto, moto e altri mezzi di appositi catalizzatoriabbassiamo sensibilmente anche i livelli di ossidi di azoto.
Ci racconti come è nata la tua idea?
In realtà non c’è una vera e propria storia dietro, si tratta semplicemente diun’idea che mi circolava in testa sin dai tempi del liceo, quando non avevo mai abbastanza soldi per la miscela nel motorino. Pensavo che sarebbe stato bello produrre carburante a basso costo utilizzando comune materiale di scarto, e scoprii che qualcuno, nel mondo, già riusciva a fare qualcosa di simile. A me serviva lo step successivo. In questo modo nacque la mia passione per la scienza, così mi sono laureato e specializzato nella facoltà diIngegneria Chimica all’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Perché hai scelto il nome EcoParthenope?
Sono molto attaccato alla Terra in cui sono nato ed orgoglioso della mia identità napoletana, di appartenere a un popolo che per secoli, dalle origini greche fino ancora ad oggi, ha prodotto primati in campo umanistico, artistico, scientifico e tecnologico. Napoli è una delle capitali mondiali della cultura, ma oggi, specialmente chi ci vive, si è dimenticato il ruolo che questa città ha sempre avuto e del quale, per fortuna, pian piano sta riacquistando consapevolezza. Il mio vuole essere un piccolo contributo alla Rivoluzione Culturale Napoletana, e un modo di darlo era quello di inserire il vecchio nome della città, quello della mitica Sirena, nella denominazione del progetto.