È sempre Cartabianca, Mauro Corona furioso sul caso Cecchettin
Nella puntata dell’8 aprile di “È sempre Cartabianca”, condotto da Bianca Berlinguer su Rete 4, il noto scrittore e opinionista Mauro Corona è intervenuto con parole forti e cariche di indignazione per commentare la recente decisione della Corte d’Assise di Venezia riguardante il femminicidio di Giulia Cecchettin. Il caso ha colpito profondamente l’opinione pubblica italiana e, con l’ultimo sviluppo giuridico, ha riacceso il dibattito sulla giustizia in materia di violenza di genere.
La sentenza, espressa dal presidente Stefano Manduzio e dall’estensore Francesca Zancan, ha escluso l’aggravante della crudeltà nel processo a Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio della giovane studentessa veneta, accoltellata 75 volte in due distinti momenti. Secondo i giudici, tali atti non sarebbero stati compiuti in modo da “infierire crudelmente” sulla vittima, ma sarebbero il risultato dell'”inesperienza e dell’inabilità” dell’imputato. Questa motivazione ha suscitato sconcerto e proteste in tutto il Paese.
Mauro Corona, commentando in diretta, non ha esitato a manifestare il proprio disappunto: “Vorrei dire a questi giudici che la crudeltà l’aveva prodotta molto prima nei riguardi di Giulia Cecchettin,” ha dichiarato. L’opinionista ha sottolineato che la violenza e la crudeltà non si sono manifestate solo nel momento dell’omicidio, ma anche in una serie di comportamenti precedenti – messaggi minacciosi e oppressivi da parte di Turetta, che avrebbero già rappresentato una forma di violenza psicologica contro Giulia.
La gravità della brutalità dell’omicidio è stata messa in evidenza da Corona, che ha rimarcato il numero di coltellate infitte e il contesto spietato in cui è avvenuto il delitto: “Se non è crudeltà questa, chiedo ai giudici: dove sta la crudeltà?” ha esclamato.
La reazione di Mauro Corona si è unita a una crescente ondata di indignazione sui social media e nei principali media. L’esclusione dell’aggravante della crudeltà viene percepita da molti come una forma di minimizzazione della violenza di genere e ha sollevato interrogativi sul sistema di giustizia e sulla protezione delle vittime.