Diciotti, ricatto M5S a Salvini: se si fa la Tav, vai a processo
Un avviso, ancora non diretto, ma fatto trapelare in queste ore di tensione nel governo.
La Tav rischia di mandare in crisi l’esecutivo di Conte: Salvini vuole completare l’opera ed è pronto ad “andare fino in fondo”; Di Maio gli dà dell'”irresponsabile” e tiene il punto sullo stop all’alta velocità.
Mai prima d’ora, al di là dei bisticci di secondo piano, Lega e M5S erano arrivano così ai ferri corti. Secondo il Messaggero, mercoledì notte – quando a Palazzo Chigi si è svolto il vertice senza risultati – Di Maio avrebbe confidato a Salvini che “se perdo questa partita non c’è più campionato”. Il leader della Lega è forte del “75% degli italiani che viole fare la Tav”, ma il M5S avrebbe già lanciato il suo avvertimento. Un monito che investe non solo il tema Torino-Lione, ma anche il caso Diciotti. A fine marzo il ministro dell’Interno dovrà affrontare il voto di Palazzo Madama sull’autorizzazione a procedere richiesta dal tribunale dei ministri di Catania. Se il M5S dovesse abbandonare Salvini, non è detto che il leghista non ne esca con le ossa rotte. Il vicepremier M5S lo avrebbe detto al collega direttamente: “Io non posso (fare la Tav, ndr), cade il governo e verrebbe giù il governo”. Secondo il Messaggero, che cita “qualcuno ai piani alti del Movimento!”, il riferimento è anche al caso Diciotti.
Lo scontro fino a ieri pomeriggio vedeva contrapposti Salvini e Di Maio, con Conte da fare da ponte. Poi, però, il premier ha convocato una conferenza stampa per prendere posizione al fianco di Giggino e mettere in chiaro i “dubbi sulla tav”. Il problema rimane. L’obiettivo del M5S è bloccare i bandi che dovrebbero partire lunedì. La società che gestisce la Torino-Lione ha già fatto sapere che lo stop costerebbe subito 300 milioni. Poi il conto potrebbe addirittura salire. Senza contare che l’Europa ha già quantificato in 800 milioni la perdita di finanziamenti stanziati da Bruxelles per l’Italia.
Il M5S però non cede. Rischia di implodere. “Conosco gli umori e le psicologie dei nostri – confessa al Messaggero Francesco Silvestri -non reggeremmo mai la partenza dei bandi, figurarsi un mezzo sì”. Ecco perché Giggino, per evitare spaccature, ieri sera ha fatto sapere che “non sono disponibile a mettere in discussione il nostro no”.
Per fermare l’opera le opzioni, spiegava Di Maio ai suoi ieri sera, sono due. “Il primo è quello del blocco dei bandi – diceva – e ciò può avvenire o tramite una delibera del consiglio dei ministri o tramite un atto bilaterale Italia-Francia che intervenga direttamente sul CdA di Telt (la società italo francese che gestisce gli appalti del Tav). Il secondo è quello del passaggio parlamentare per il no definitivo all’opera”. I grillini non vogliono che il governo scarichi sull’Aula la decisione, perché in quel caso il fronte unito di Lega, Fdi, Forza Italia e Pd farebbe partire l’opera. I voti sono assicurati.
Ecco allora che si torna al muro contro muro. Se Lega e M5S continueranno a voler andare “fino in fondo”, ci sarà la crisi di governo. Lo ha detto chieramente ieri Stefano Patuanelli, capogruppo M5S al Senato: “Se c’è l’Alta velocità, non c’è il governo. E viceversa”. Nel mezzo, il caso Diciotti. Senza esecutivo gialloverde, i Cinque Stelle non si sentirebbero obbligati a “salvare” Salvini dal processo.