Covid, l’esperto rivela: “L’indice Rt era sballato”. La verità su come decidevano le chiusure

Nel corso della pandemia di Covid-19, le decisioni prese dalle autorità italiane hanno avuto un impatto significativo sulla vita di milioni di cittadini. Tuttavia, nuovi dettagli emersi durante l’audizione del professor Antonello Maruotti, ordinario di statistica presso l’Università Lumsa di Roma, sollevano interrogativi inquietanti sulla solidità delle basi scientifiche di tali decisioni. La sua testimonianza presso la commissione parlamentare d’inchiesta ha rivelato criticità che potrebbero far vacillare la fiducia del pubblico nelle scelte effettuate.

Uno dei temi centrali affrontati da Maruotti è il calcolo del tasso di positività, un indicatore cruciale nella gestione della crisi sanitaria. Secondo il professore, la confusione derivante dall’utilizzo indistinto di tamponi antigenici e molecolari ha portato a una narrazione fuorviante della pandemia. Le differenze nei risultati ottenuti dai due tipi di test non sono state adeguatamente considerate, influenzando le decisioni riguardanti chiusure e restrizioni. “La mancanza di una base solida ha giustificato misure drastiche senza fondamento”, ha spiegato Maruotti.

Un altro punto critico sollevato riguarda l’indice Rt (tasso di contagiosità), utilizzato per valutare il rischio nelle varie regioni italiane e per applicare il sistema a colori. Il professor Maruotti ha messo in discussione l’affidabilità di questo parametro, affermando che esso fosse basato su un modello statistico obsoleto, originariamente sviluppato per monitorare il virus Ebola. “Non c’erano algoritmi specifici per il Covid-19, eppure il governo si è affidato ciecamente a questo indice”, ha sottolineato. L’Rt, calcolato su un numero estremamente limitato di dati, non è mai stato aggiornato e ha avuto un ruolo determinante nelle restrizioni imposte a livello nazionale.

La frammentazione dei dati e la mancanza di un coordinamento nazionale hanno ulteriormente complicato la situazione. Ogni gruppo di ricerca aveva una propria stima di Rt, portando a interpretazioni discordanti e a una comunicazione istituzionale poco chiara. Maruotti ha evidenziato come non ci fosse alcuna differenza epidemiologica significativa tra regioni classificate in colori diversi, ma le decisioni di chiusura venivano comunque adottate.

Un esempio emblematico della comunicazione errata riguarda la variante inglese del virus SARS-CoV-2. Le affermazioni secondo cui fosse particolarmente diffusa in Molise e quasi assente in Valle d’Aosta si basavano su dati incompleti e mal interpretati. In Molise, il virus era stato sequenziato in un singolo laboratorio su un limitato numero di casi, mentre in Valle d’Aosta si parlava di zero casi basandosi su un solo campione. Questa mancanza di rigore scientifico ha portato a conclusioni fuorvianti e a decisioni basate su informazioni parziali.

Inoltre, le previsioni sui contagi sono state spesso errate. Un membro del Comitato Tecnico Scientifico (CTS) aveva previsto, per esempio, 30.000 casi giornalieri per agosto 2021, quando in realtà il numero non ha mai superato i 10.000. “Su quali dati si basavano queste previsioni?”, si chiede Maruotti, evidenziando l’inadeguatezza del sistema di monitoraggio.

In sintesi, le rivelazioni del professor Antonello Maruotti pongono interrogativi fondamentali sulla gestione della pandemia in Italia. Le decisioni restrittive adottate, molte delle quali si basavano esclusivamente sull’indice Rt, hanno avuto un impatto duraturo sulle vite dei cittadini, determinando le condizioni di spostamento, le riunioni familiari, l’istruzione e le attività commerciali. La necessità di una revisione critica delle metodologie utilizzate e di una comunicazione più chiara e basata su dati rigorosi sembra ora più urgente che mai. La speranza è che queste rivelazioni possano portare a un approccio più informato e responsabile nel futuro della gestione delle emergenze sanitarie.