Covid, il volo choc per 20 ore: poliziotti ammassati coi migranti
Assembrati come sardine, in barba ad ogni regola anti-contagio. Ammassati su un aereo insieme a decine di immigrati, alla faccia della sicurezza.
E pure costretti a lavorare quasi 20 ore consecutive senza sosta e senza pasti adeguati. È l’amara sintesi del servizio cui sono stati chiamati, giovedì scorso, gli agenti del reparto mobile di Roma. Servitori dello Stato, dunque abituati a portare a termine la missione nonostante tutto. Ma stavolta obbligati dal Viminale a subire un trattamento “indegno” e “disumano”.
Le foto, che ilGiornale.it pubblica in esclusiva, mostrano il velivolo sovraccarico di persone. Per ogni fila sei posti occupati, cioè tutti, senza alcun distanziamento tra poliziotti e migranti. Il servizio inizia alle 10 di mattina del 12 novembre, quando gli agenti partono da Roma in direzione Catania per trasferire al Nord 82 stranieri. Al primo giro caricano 40 immigrati e li scortano fino a Milano: non li hanno mai visti prima, non sanno se sono negativi o positivi al coronavirus, ma il dipartimento li fa viaggiare appiccicati come se fossero congiunti. L’aereo atterra in Lombardia alle 17.30.
Neppure il tempo per un caffè che i poliziotti alle 18 ripartono subito e tornano a Catania per imbarcare gli altri 42 stranieri da accompagnare a Torino. Sotto la Mole l’aereo arriva alle 2 di notte, fa sbarcare i migranti e poi decolla di nuovo per riportare a casa i malcapitati poliziotti. Quando atterrano a Roma, cinque voli aerei dopo, sono ormai le 4.30 di notte. Cioè circa 20 ore consecutive di lavoro dal primo decollo.
Per Fabio Conestà, segretario generale del Movimento Sindacale Autonomo di Polizia (MOSAP), “un servizio così lungo provoca un pericoloso abbassamento della concentrazione: quelle persone potrebbero aggredire gli operatori o cercare di scappare”. Senza dimenticare che questo è l’anno del Covid. Ma come: il ministro Lamorgese chiede rigore ai cittadini, dispone controlli di polizia, fa fioccare multe salate, e poi permette che 90 poliziotti rischino di infettarsi viaggiando ammassati con circa 40 immigrati a tratta? Mascherine e occhiali a parte: vi sembra normale? L’aereo utilizzato aveva una capienza massima di 189 posti. Tolti 16 sedili lasciati vuoti perché vicini alle uscite di emergenza e altri 6 in ultima fila, i 90 agenti hanno dovuto viaggiare a braccetto coi migranti in barba alle basilari regole del distanziamento personale. “Chissà cosa poteva causare un solo positivo lì in mezzo”, sussurra qualcuno. La risposta è semplice: un focolaio. Basta guardare le foto.
Quello che invece le immagini non possono raccontare è il resto della storia. O meglio del dramma. Secondo quanto risulta al Giornale.it, infatti, oltre al danno gli agenti hanno subito pure la beffa di pasti indecorosi. Durante le soste a terra sono stati lasciati sulla pista, senza poter consumare un caffè o accedere a un distributore automatico di bevande. Chi aveva il pranzo al sacco l’ha mangiato sull’asfalto “in condizioni pietose”. Gli effettivi del 1° reparto mobile, invece, sono rimasti col ticket in mano senza sapere né dove né quando spenderlo. Saltato (o quasi) il pranzo, la speranza ricadeva tutta sulla cena.
I poliziotti hanno atteso ordini a Catania dalle 19.30 alle 24.00 prima di poter decollare: avrebbero potuto sedersi a tavola. Non dico pasta con le sarde e arancini, ma almeno un piatto caldo. Peccato che l’organizzazione avesse previsto per loro la cena a Torino. Quindi nisba. I sacchetti col cibo in effetti erano pronti: quando sono sbarcati alle 2 di notte a Torino, li hanno trovati freddi, preparati chissà quante ore prima e abbandonati su un carrello bagagli.
“Siamo indignati per quanto accaduto – attacca Conestà – Tutto questo ha messo seriamente a repentaglio la salute dei poliziotti che, lo ricordiamo, sono coloro che insieme a medici e personale sanitario sono in prima linea in questa emergenza. Chiediamo a gran voce che il responsabile di questo disservizio sia individuato. Chi sbaglia deve pagare”. Lamorgese che dice?
ilgiornale.it