Covid, ce l’hanno 6 persone su 10 che hanno contratto il virus nel 2020
La pandemia di COVID-19, causata dal virus SARS-CoV-2, è stata una delle crisi sanitarie più significative del XXI secolo, iniziata nel dicembre 2019 nella città di Wuhan, in Cina. Il virus si è diffuso rapidamente in tutto il mondo, portando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a dichiarare lo stato di pandemia il 11 marzo 2020.
Il COVID-19 è caratterizzato da sintomi che vanno da lievi, come febbre e tosse, a gravi, come difficoltà respiratorie e insufficienza multiorgano, soprattutto nelle persone anziane e in quelle con patologie pregresse. La velocità di trasmissione del virus e l’assenza iniziale di un trattamento specifico hanno reso necessarie misure drastiche per contenerne la diffusione.
I governi di tutto il mondo hanno implementato lockdown, chiusure di scuole e attività commerciali, e restrizioni sui viaggi per cercare di limitare i contagi. Queste misure, sebbene efficaci nel ridurre la pressione sui sistemi sanitari, hanno avuto un impatto economico e sociale senza precedenti. Milioni di persone hanno perso il lavoro o hanno visto ridursi drasticamente le loro entrate, mentre l’isolamento sociale ha influito negativamente sulla salute mentale di molti individui.
La pandemia ha inoltre evidenziato le disuguaglianze globali, con i paesi più poveri che hanno affrontato difficoltà maggiori nell’accesso ai vaccini e alle cure mediche. Un punto di svolta è stato rappresentato dallo sviluppo rapido dei vaccini contro il COVID-19. Tra il 2020 e il 2021, diverse aziende farmaceutiche hanno prodotto vaccini altamente efficaci, grazie a tecnologie come l’mRNA.
Sebbene la pandemia sia archiviata ormai da diversi anni, i danni causati dal Covid 19 non sembrano essersi dissolti completamente. Secondo recenti studi, sarebbero evidenti degli strascichi su oltre la metà dei pazienti. Di cosa si tratta?
A cinque anni dall’inizio della pandemia, il Covid-19 continua a lasciare strascichi, con molti pazienti che affrontano i sintomi persistenti della sindrome post-acuta da Sars-CoV-2 (Pasc). Secondo il progetto Pascnet, coordinato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e finanziato dalla Fondazione Cariplo, circa 6 pazienti su 10 ospedalizzati durante le fasi acute della pandemia (2020) presentano ancora sintomi, mentre tra i casi meno gravi, gestiti dai medici di base, il rapporto è di 1 ogni 10.
Lo studio, che ha coinvolto oltre 1.200 pazienti, ha analizzato l’impatto clinico della Pasc e le conseguenze della pandemia sul sistema sanitario lombardo, evidenziando la necessità di migliorare diagnosi e presa in carico dei pazienti affetti da Long Covid. Il progetto Pascnet, che ha visto la collaborazione di Ats, Asst, medici di medicina generale e università, ha adottato un approccio multidisciplinare per colmare le lacune sulla sindrome.
Attraverso un protocollo di raccolta dati e follow-up a lungo termine, è stato possibile valutare la prevalenza e i fattori di rischio della Pasc, come età avanzata, comorbidità, fumo e alcol. I sintomi più comuni includono cefalee, insonnia, problemi respiratori, alterazioni metaboliche e disturbi neurologici.
Bergamo, una delle province più colpite inizialmente, ha mostrato una rapida stabilizzazione dei tassi di trasmissione e una riduzione delle ospedalizzazioni, offrendo un modello utile per la pianificazione sanitaria futura. La pandemia ha anche provocato significative interruzioni nell’erogazione dei servizi sanitari, con un calo persistente dell’assistenza ambulatoriale, specialmente per anziani e pazienti cronici.
Le restrizioni, la paura del contagio e il sovraccarico delle strutture hanno ridotto le attività di prevenzione e screening, con una perdita stimata del 25% nell’assistenza ambulatoriale e ritardi accumulati di 4,5 mesi. I risultati di Pascnet sottolineano l’importanza di dati sanitari dettagliati e stratificati per comprendere le dinamiche delle pandemie e migliorare la preparazione dei sistemi sanitari.