“Cosa mi ha detto appena mi ha visto”: strage di Paderno, il cappellano del carcere incontra il giovane omicida

Strage di Paderno Dugnano – il cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano ha incontrato Riccardo, il 17enne reo confesso dell’omicidio della sua famiglia durante la notte dello scorso 31 agosto. Il prete, don Claudio Burgio, ha riportato la sua testimonianza dell’incontro e dello scambio con il giovane pluriomicida. Cosa è emerso. (Continua a leggere dopo la foto…)

Strage di Paderno, il giovane omicida è in carcere

Don Claudio Burgio è il cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, struttura in cui ora è detenuto Riccardo. Il ragazzo è stato arrestato con l’accusa di triplice omicidio aggravato dalla premeditazione dopo aver ucciso il fratellino di 12 anni, la madre e il padre nella notte tra il 31 agosto e il 1 settembre 2024.

Un gesto che ha sconvolto l’intera comunità e su cui ancora si cerca di far luce. Riccardo stesso, dalle prime dichiarazioni fornite alla polizia, sembra ancora incredulo per il terribile gesto compiuto: “Vivevo questo disagio, un’angoscia esistenziale, ma non pensavo di arrivare a uccidere, non mi so spiegare cosa mi sia scattato quella sera, purtroppo è successo”. (Continua a leggere dopo la foto…)

L’incontro tra Riccardo e il cappellano, Don Claudio Burgio

Il cappellano del carcere, don Claudio Burgio, ha avuto un incontro, definito “molto intenso”, con il giovane per scavare a fondo mettendo in luce quello che sembra essere un suo forte disagio esistenziale. In un articolo de “Il Messaggero”, il don ha raccontato i dettagli del loro scambio descrivendo Riccardo come un ragazzo fragile, provato, e pronto a confessarsi afferrando la mano di chi voglia guidarlo in un momento tanto delicato.

Riccardo avrebbe subito riconosciuto don Claudio Burgio, autore del libro “Non esistono ragazzi cattivi”. «Il ragazzo ha chiesto di confessarsi appena mi ha visto», ha raccontato don Claudio in una intervista pubblicata su “Il Messaggero” , «poi dopo la confessione abbiamo parlato ancora. Sui giornali era uscito il ritratto di un adolescente con difficoltà a comunicare ma io questa difficoltà non l’ho vista. Questa vicenda scuote tutti, compreso me che in vent’anni da educatore a contatto con ragazzi dal vissuto difficile, ne ho viste tante».

Poi l’analisi dolorosa: «In lui, come in altri ragazzi che incontro, ho trovato un vuoto profondissimo che è un abisso a cui gli adulticompresi noi preti, non sappiamo né intercettare né rispondere». (Continua a leggere dopo la foto…)

Il senso di oppressione e i fallimenti della società

Il cappellano continua poi ricordando dei problemi che i giovani di oggi si trovano ad affrontare, spesso nella più totale solitudine o incomprensione esterna:  «La nostra società chiede sempre di essere performanti e ha la pretesa di avere sempre una risposta su tutto, ma sono risposte banali che non solo non colmano il vuoto ma neanche lo sfiorano».

«Ho la sensazione, anzi la certezza, che questi ragazzi non sappiano a chi rivolgersi». Nell’interrogatorio in cui ha confessato il delitto, il 17enne ha detto che si sentiva “oppresso” all’interno della propria famiglia. «Lo ha ripetuto anche a me. Un senso di oppressione e un’estraneità non solo per quanto riguarda la famiglia ma in generale, anche nelle altre relazioni sociali». Don Claudio ha rimarcato anche il vuoto educativo della nostra società e, infine, ha invitato al silenzio e alla sospensione del giudizio. Senza togliere le responsabilità del gesto, il prete ricorda che ci vorrà tempo e pazienza per trovare una spiegazione a una vicenda che appare ancora incomprensibile.