Coronavirus, l’Ue ora ci prende a schiaffi. Ci lascia senza le mascherine
L’Italia chiede all’Europa di attivare il Meccanismo di protezione civile dell’Unione Europea per la fornitura di mascherine contro il coronavirus e l’Ue non ci risponde.
Già, almeno per il momento, nessuno degli Stati membri ci ha fatto sapere qualcosa, né in un senso né nell’altro.
Il Belpaese, nutrendo la paura di poter trovarsi senza mascherine e altro materiale protettivo nel bel mezzo della crisi ed emergenza sanitaria provocata dall’epidemia di Covid-19, si è così appellata alla comunità europea, nella speranza di ricevere solidarietà e soldi da investire per fronteggiare la situazione, specialmente nel caso in cui lo scenario dovesse peggiorare.
E il risultato ottenuto qual è stato? Un silenzio assordante, che ci isola, da una settimana e più. Si, perché la Commissione ha reso noto la richiesta dello Stivale in data 28 febbraio. A tal proposito, Janez Lanarcic, commissario responsabile delle crisi in Ue, aveva dichiarato: “L’Italia è parte della nostra famiglia europea e faremo tutto quello che possiamo per aiutare, questo è un virus che non conosce frontiere e tutti i paesi dovrebbero dimostrare solidarietà”. Già, solidarietà…
In questi giorni di cenni non ne sono arrivati e in sostanza rappresentano un rifiuto al fornirci di mascherine. A raccontare il tutto è l’Agi, citando diverse fonti da Bruxelles, che “attribuiscono questo silenzio a difficoltà politiche e logistiche, nel momento in cui anche gli altri paesi si trovano di fronte a un possibile aumento di casi e a carenza di materiale protettivo”. Nella capitale del Belgio, peraltro, è in corso in queste ore la riunione straordinaria dei ministri della Sanità dell’Ue per trovare una risposta in concertazione e univoca e al coronavirus. Inutile però negare la forte irritazione italiana all’interno della Commissione per la mancanza totale (o quasi) di solidarietà verso di noi: l’Italia è il terzo Paese al mondo per contagi, con 3.858 casi confermati, 414 persone che sono guarite e 148 decessi.
Da quanto si apprende, la Commissione europea avrebbe le notifiche da Germania e Francia circa decisione di bloccare l’esportazione di mascherine e altro materiale protettivo in altri Stati membri dell’Ue. Sonya Gospodinova, portavoce della Commissione ha dichiarato: “Nel trattato c’è questa possibilità. Per ragioni imperative gli Stati membri sono autorizzati a limitare la libera circolazione; la protezione della salute pubblica e dell’ordine pubblico sono tra le regioni. Ma queste misure devono essere giustificate, proporzionate e basate su ragioni oggettive”. Quindi, Gospodinovala ha spiegato come “gli Stati membri siano obbligati a notificare alla Commissioen queste restrizioni; sulle misure di Germania e Francia abbiamo ricevuto notifiche che sono tratte come procedura d’urgenza”.
In tutto questo, pare che l’Ue sia certa di poter sopperire alla mancanza di mascherine tramite una assai burocratica “Joint Preocurement” (una procedura di appalto congiunto) a cui partecipano venti Stati membri, tra cui anche l’Italia. La Commissione ha mandato inviti a presentare offerte a un numero selezionato di società identificate attraverso un’analisi di mercato. Ma i tempi per avere mascherine e altro materiale protettivo con questo appalto non sono chiari e potrebbero essere biblici rispetto ai tempi veloci di diffusione del coronavirus.
In tutto questo, a tendere una mano all’Italia ci ha pensato l’azienda cinese Xiaomi, che ha deciso di donare alcuni lotti di mascherine alla nostra Protezione Civile.
Il commento del ministero della Sanità
Roberto Speranza, ministro della Salute, ha rilasciato una dichiarazione relativa alla sgradevole e spinosa vicenda, invitando però alla mediazione. Queste, infatti, le parole del titolare del dicastero: “Serve un unico livello di coordinamento a livello europeo per i dispositivi di protezione dal Coronavirus come le mascherine per capire in quale luogo d’Europa in quel momento c’è più bisogno: dobbiamo lavorare insieme, non dobbiamo farci la guerra tra Paesi europei con il solo rischio di far aumentare il prezzo di questi dispostivi”.