Coldiretti lancia l’allarme: “Quattro alimenti su cinque dall’estero pericolosi.” È tempo di mangiare italiano
Nelle nostre pance si è scatenato un bollettino di guerra, con enorme insoddisfazione per la tendenza – nonostante le eccellenze nostrane – ad importare qualsiasi genere alimentare scadente o peggio ancora, pericolosamente deleterio per il nostro organismo. 398 sono state nel solo 2018 le allerte alimentari, ovvero notifiche mandate all’Unione Europea dal nostro Paese, con il sistema di allerta Rapido (Rassf).
Per una volta che la nostra Italia non ha medaglie d’oro di furbizia o illegalità (solo il 17% delle segnalazioni riguarda prodotti nostrani), importiamo irregolarità culinaria dannosa per la nostra salute. Il 49% delle tossicitià arrivano dall’UE, il 34% da Paesi extra UE. Cosa ci portiamo in tavola di così nocivo? Tanta roba, ad esempio una bella domenica al ristorante potremmo avere ingerito pesce spagnolo, pieno di mercurio ed infestato dal verme Anisakis, oppure abbiamo assaporato champagne con ostriche vive francesi accompagnate da Norovirus (vomito e diarrea, tra i sintomi). Magari ancora una bella serata a base di pollo polacco (contaminato da salmonella enterica).
Se ciò non bastasse c’è sempre il pesce francese (con il verme Anisakis), arachidi dell’Egitto, nocciole turche e dell’Azerbaijan, tutte zeppe di aflatossine cancerogene. A chiudere la classifica manzo e pollo dal Brasile e cozze dalla Spagna, infestati dal batterio Escherichia Coli. Un quadro desolante ed allarmante, che oltre a porre il focus sull’etichettatura obbligatoria, l’origine e la filiera, dovrebbe sensibilizzarci a comprare italiano, e mangiar sano.
Contesto alimentare in cui si inserisce anche la battaglia di queste settimane sul prezzo del latte ovino, per la produzione del pecorino romano DOP. A Gennaio 2019 il prezzo del latte ovino è stato di 56 centesimi a litro iva esclusa, mentre i costi di produzione nello stesso periodo sono stati di 70 centesimi iva esclusa. Insomma, un lavoro in perdita di 14 centesimi per litro.
Il crollo della domanda (280mila prodotti assorbili dal mercato sui 340mila prodotti), deriva perlopiù dal dumping commerciale che abbiamo subito sul mercato statunitense. Bulgaria, Romania, Francia e Spagna, hanno prodotto falsi formaggi italiani senza latte italiano. Così il pecorino romano è sceso dai 10 euro al chilogrammo, ai 5,40 euro al chilo. Per un crollo dell’export totale del 46%.