Caso Resinovich, svolta nelle indagini: il marito Sebastiano Visintin indagato per omicidio
Trieste – Il caso di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa enigmaticamente nel dicembre 2021 e ritrovata senza vita tre settimane dopo nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni, ha subito una clamorosa svolta, rilanciando l’attenzione su aspetti che la Procura sembrava aver archiviato. Una nuova perizia medico-legale, commissionata dopo il rigetto della richiesta di archiviazione da parte del gip, ha rivoluzionato l’ipotesi iniziale di suicidio, suggerendo invece che Liliana sarebbe stata aggredita e soffocata il giorno stesso della sua scomparsa, il 14 dicembre.
Alla luce della nuova autopsia, effettuata nel febbraio 2024 e seguita alla riesumazione del corpo, gli esiti hanno rivelato segni di lesioni compatibili con un’aggressione,ologiando non solo la testa, ma anche la mano destra e potenzialmente il torace. Queste scoperti hanno indotto la Procura a iscrivere insieme a Sebastiano Visintin, marito della vittima, nel registro degli indagati per omicidio. Fino a questo momento, Visintin aveva sempre negato ogni accusa, proclamando la sua estraneità ai fatti.
A confermare l’importanza di questa iscrizione è stato il giornalista Carmelo Abate, sottolineando che l’ipotesi di reato si configura come omicidio volontario, punibile con l’ergastolo. La perizia medico-legale, un documento di oltre duecento pagine redatto da un’équipe di esperti coordinati dall’anatomopatologa Cristiana Cattaneo, ha decostruito in modo definitivo la possibilità di un suicidio, analizzando in modo dettagliato le circostanze relative alla morte di Liliana.
Il rapporto peritale ha stabilito che Liliana avrebbe perso la vita con “elevata probabilità” la mattina del 14 dicembre, poco dopo aver fatto colazione, e che le ultime immagini di lei, risalenti alle 8:50, la ritraggono mentre attraversa piazzale Gioberti. Dopo quell’istantanea, di lei si perdono le tracce fino al tragico ritrovamento del corpo, avvolto in sacchi per rifiuti e legato con sacchetti alimentari.
Le indagini riprese trovano sostegno anche nelle parole di Sergio Resinovich, il fratello della vittima, che ha rilanciato le sue accuse pubbliche contro Sebastiano Visintin e la sua famiglia, definendo la morte di Liliana come un ‘femminicidio a sfondo economico’. Ha espresso chiaro sospetto che solo il marito avesse interesse a far ritrovare il corpo, in funzione di un’eredità da amministrare. Una riflessione inquietante, alla quale la Procura ha cominciato a dare peso, disattendendo alcune precedenti linee investigative.
Critiche sull’operato iniziale delle autorità sono emerse fin da subito, sollevando domande circa la gestione della scena del crimine e le tempistiche dell’autopsia. Tuttavia, la nuova perizia e il coinvolgimento di Visintin nel registro degli indagati hanno aperto uno spiraglio su una verità che potrebbe finalmente iniziare ad emergere.
Il caso Resinovich, tra le indagini in corso e il clamore mediatico, ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica, creando un dibattito vivace e talvolta controverso. Con il rafforzato interesse da parte della magistratura, la società si chiede ora quali nuovi elementi potrebbero emergere in questo capitolo tragico e quali altri individui, se ve ne sono, potrebbero essere coinvolti in questa vicenda.
L’urgenza di giustizia è palpabile. Non si tratta solo di chiarire se Liliana sia morta da sola, ma di restituire dignità a una vita spezzata e di assicurarsi che la verità venga finalmente riconosciuta. La figlia di un’anziana signora, la comunità locale e tutti coloro che seguono la vicenda attendono ora un processo che sollevi il velo di omertà e confusione, restituendo alla vittima il rispetto e il riconoscimento che merita.