Berrino e Lumera: «Cibo sano, gratitudine e perdono: così la vita diventa più leggera. E felice»
Spendere denaro per acquistare prodotti di cui non si ha bisogno. O, peggio, per riempire il frigorifero e lo stomaco di cibi spazzatura che contribuiscono a danneggiare in maniera grave e a volte irreparabile la nostra salute (è di oggi la notizia di una bambina morta a seguito dell’obesità causata dal consumo esclusivo di cibi ipercalorici). È l’effetto perverso di un sistema economico basato sul consumismo e in cui una parte significativa del denaro ruota attorno alle spese per la salute. Un sistema che si regge sull’infelicità: le persone tristi hanno bisogno di trovare gratificazioni altrove. Negli acquisti impulsivi, nel cibo industriale, nell’eccesso di alimentazione. Franco Berrino e Daniel Lumera, autori de La via della leggerezza (Mondadori), lo hanno ricordato una volta di più, intervenendo al «Tempo delle Donne» del Corriere della Sera, con le loro lezioni sulla felicità.
La pesantezza della vita
La ricetta per essere felici non esiste. O, quantomeno, non ne esiste una sola. Ma c’è una via che va sicuramente percorsa, spiegano Berrino e Lumera, ed è quella della leggerezza di cui parlano nel loro libro. Bisogna liberarsi della pesantezza della vita di ogni giorno. Quella del corpo, che tutto sommato è facile da combattere: basta mangiare meglio («Cereali, verdure, legumi, i prodotti che sono da sempre la base della dieta mediterranea») e aumentare il movimento. E, soprattutto, quella della mente. «La vera sfida è proprio questa – spiega Berrino -. Bisogna opporsi alla tristezza della vita, ringraziare per quello che si ha, liberarsi delle convenzioni e dei miti alimentati dalla pubblicità e dalla propaganda». E questo non è semplice in una società basata sul consumo, dove i bisogni sono indotti anche se non ci sono.
L’importanza del perdono
E basata, anche, sulle divisioni, sugli odii e sul rancore. «Tutti orpelli che bloccano la nostra mente – sottolinea Lumera – e che non ci permettono di andare avanti, di essere liberi. Il perdono è una forma di crescita, non di debolezza. Ma deve essere concepito partendo dall’etimologia del termine, per-donare». Non è una rinuncia, insomma, ma qualcosa che si offre ed è questa la sua forza. Altra cosa che ci si dimentica spesso di fare: ringraziare. Non necessariamente qualcuno, una divinità o una persona. Ringraziare se stessi e il mondo per il fatto stesso di essere presenti e vivi su questa Terra. «Ricordiamoci di ringraziare tutti i giorni, fin dal momento in cui apriamo gli occhi – dice Berrino -. Ringraziamo per tutto, anche per il solo fatto di essere dotati di un intestino che permette al nostro corpo di svuotarsi e di liberarsi. Ringraziamo e affrontiamo la giornata con energia».
Quei giovani in piazza
Un’energia che Berrino vede per esempio nei giovani che scendono in piazza per l’ambiente, il movimento dei Fridays for future e la reazione a catena che sembra avere generato: «E’ bellissimo vedere questi ragazzi che si impegnano per la salute del pianeta e trovano dentro se stessi una voglia di felicità e di vivere senza quell’oppressione che le strutture sociali oggi ci impongono. Le strutture della società dei consumi. La felicità la troviamo dentro di noi non fuori di noi». Proprio l’esatto contrario di quanto sembra accadere nella società: «C’era un noto pubblicitario che diceva: sono io che vi vendo tutta quella merda, io che contribuisco a rendervi infelici. Perché chi è felice non compra».