Aviaria, allerta in Europa e Usa, gli esperti: “Rischio trasmissione su larga scala se il virus muta”
L’influenza aviaria da virus A/H5N evolve continuamente e, secondo il rapporto delle agenzie europee Ecdc ed Efsa, “potrebbero comparire nuovi ceppi portatori di potenziali mutazioni per il contagio da umano a umano”. E, mentre negli Stati Uniti è già scattata l’allerta, dopo il contagio umano in Texas dalle mucche, in Italia i virologi sono quasi tutti d’accordo: il rischio di una nuova pandemia esiste.
Aviaria, scatta l’allerta
L’Ecdc – Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie – lancia l’allerta attraverso le parole di Angeliki Melidou, principale esperto Ecdc di virus respiratori. “Questi virus – avvertono gli autori del report – continuano ad evolversi a livello globale e, con la migrazione degli uccelli selvatici, potrebbero essere selezionati nuovi ceppi portatori di potenziali mutazioni” utili “per l’adattamento ai mammiferi. Se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi in modo efficiente tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala a causa della mancanza di difese immunitarie contro i virus H5 nell’uomo”. E “l’emergere di virus dell’influenza aviaria in grado di infettare i mammiferi, compreso l’uomo, può essere facilitato da vari fattori”.
Cosa sta succedendo negli Stati Uniti
Dalle mucche – che hanno contagiato un uomo, secondo caso nella storia Usa – al virus rilevato dal più grande produttore di uova degli Stati Uniti nel pollame di uno dei suoi stabilimenti. L’azienda, Cal-Maine Foods, ha comunicato di aver di conseguenza cessato temporaneamente le attività in questa sede. Il produttore ha spiegato di aver abbattuto circa 1,6 milioni di galline e 337mila galline più giovani, dopo alcune positività all’influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai) rilevate nella struttura texana in questione. Il mese scorso funzionari del Minnesota avevano segnalato la prima infezione di influenza aviaria nel bestiame negli Stati Uniti, in una capretta che viveva in una fattoria con polli infetti. L’aviaria è stata poi rilevata anche nelle mucche da latte in Texas e Kansas, e ancora in alcune mucche del Michigan, e ci sono stati infine presunti test positivi tra le mucche dell’Idaho e del New Mexico, suggerendo che il virus potrebbe diffondersi tra i bovini. Le autorità sanitarie hanno puntualizzato in ogni caso che il rischio per la salute umana rimane basso. (Continua a leggere dopo la foto)
In laboratorio i test per un vaccino
Si apprende, intanto, che i funzionari federali sarebbero al lavoro per creare un vaccino. Due candidati sembrano ben abbinati per proteggere contro il ceppo H5N1, che circola tra i bovini da latte e gli uccelli. Probabilmente passeranno da settimane a mesi prima che quelle iniezioni scudo possano essere rese disponibili, se necessario, secondo un funzionario degli Health and Human Services.
Gli esperti: “Va alzato il livello di guardia”
Per il momento, comunque, non ci sono indicatori che facciano sospettare che il virus abbia acquisito una maggiore capacità di infettare l’uomo. Se questa trasformazione avvenisse, precisano le agenzie, l’uomo sarebbe particolarmente vulnerabili a infezioni da virus dell’influenza aviaria A/H5N1. “Gli anticorpi neutralizzanti contro i virus l’A/H5 sono rari nella popolazione umana, poiché l’H5 non è mai circolato negli esseri umani. Ciò significa che qualsiasi virus A/H5 trasmissibile, con un numero di riproduzione di base (R0) superiore a 1, si diffonderà”, continuano. Secondo il rapporto, al momento, il rischio di infezione da virus A/H5N1 per la popolazione generale è basso, nonostante l’elevato numero di infezioni nei volatili e la trasmissione in diverse specie di mammiferi. È invece “da basso a moderato per coloro che sono esposti professionalmente o in altro modo ad animali infetti da influenza aviaria”.
Tuttavia, lo scenario potrebbe cambiare e “non possono essere escluse future trasmissioni sporadiche dagli animali all’uomo e malattie gravi correlate negli individui”, avvertono Ecdc ed Efsa che invitano ad alzare la guardia: “Negli allevamenti, la biosicurezza dovrebbe essere rafforzata”. Inoltre, è necessario “limitare l’esposizione dei mammiferi, compreso l’uomo”, intensificare “la sorveglianza sugli animali e sull’uomo”, “insieme all’analisi genomica e alla condivisione dei dati di sequenza”, concludono.