Alitalia, spese pazze: indagine su due pranzi da 100mila euro
Negli stessi giorni in cui il governo stanzia 400 milioni di euro per Alitalia, l’ennesimo prestito a fondo perduto per non fare fallire la compagnia di bandiera, ecco arrivare l’ennesima notizia negativa.
Che ha come protagonisti i manager che hanno gestito l’azienda tra il 2015 e il 2017, periodo nel quale si è registrato un rosso di 900 milioni.
Facendo partire un’inchiesta della magistratura che in queste ore, come scrive La Verità, si sta concretizzando nella notifica a decine e decine di indagati degli avvisi di conclusione delle indagini. Il principale capo d’imputazione, bancarotta fraudolenta, dovrebbe riguardare i tre manager che hanno gestito Alitalia dal 1° gennaio 2015 al 2 maggio 2017, pochi giorni prima della dichiarazione di insolvenza (11 maggio 2017): Silvano Cassano, Mark Ball Cramer e Luca Cordero di Montezemolo.
L’indagine, coordinata dalle Procure di Civitavecchia e Roma, si è concentrata sulla gestione araba di Alitalia, dopo che – era il 2015 – Etihad era entrata nel capitale sociale con il 49% lasciando la maggioranza alla Cai-Midco, gruppo di cui facevano parte banche (Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Intesa San Paolo) e Atlantia (holding della famiglia Benetton). Era stata proprio Etihad, tra le altre cose, ad affittare il famoso “Air force Renzi” per 168 milioni di euro, e a sottoscrivere un’obbligazione da 200 milioni emessa proprio dalla società di Fiumicino.
Come detto, nel giro di due anni Alitalia arrivò ad accumulare debiti per 900 milioni di euro, spalancando così le porte al default. Fallimento evitato grazie all’ennesimo intervento dello Stato, che però non ha impedito che il lavoro della magistratura facesse il suo corso, sospettando che i conti in rosso della società possano essere stati dovuti ad alcuni falsi contabili. Tanti, troppi i soldi mangiati nel biennio incriminato. Colpa anche di alcune spese pazze, legate anche al mangiare in azienda.
I giudici contestano per esempio le fatture emesse da Relais le Jardin, una delle ditte di catering più importanti di Roma che ha contratti con Banca d’Italia, Presidenza della Repubblica e così via. La Verità ha scoperto che per una pausa caffè del Consiglio di amministrazione (16-17 maggio 2016) e uno spuntino, Alitalia pagò qualcosa come 1.537 euro. 1.900 euro, invece, per un “welcome coffee” in un famoso studio legale della Capitale. La media, per un pranzo leggero, era di 1.500 euro al giorno.
Briciole se confrontate ai 72mila euro spesi da Alitalia per il catering per l’evento del 18 maggio 2016 presso l’Auditorium Parco della Musica, a Roma. Solo per il cocktail pomeridiano furono necessari 25mila euro, a cui aggiungere una somma identica per “allestimento, materiali e servizio” e altri 3.800 euro per i “67 metri di barriera verde”. Sempre lo stesso giorno, decisamente più frugale (si fa per dire) il pranzo presso lo Spazio nazionale eventi: appena 27mila euro. Di cui 20mila per il “cocktail rinforzato”.
In pratica, nel giro di 24 ore, Alitalia spese per due pranzi circa 100mila euro. E non solo. Da Relais le Jardin, tra il 2015 e il 2017 Alitalia comprava anche tutto il necessario per il rifornimento mensile delle cucine che, evidentemente, funzionavano poco considerato il ricorso a professionisti della ristorazione esterni. Ci sono varie fatture tra i 1.600 e i 2.400 euro per l’acquisto di cialde per il caffè (500 euro), miscele di tè, tisane e camomilla, succhi di frutta, acqua, bibite gassate, latte intero e scremato, biscotti al burro (quelli danesi nelle scatole di latta), sale, pepe, olio e aceto balsamico, posate e tovaglioli monouso.