Alfredino Rampi, 43 anni fa moriva il bimbo di Vermicino: la prima morte in diretta che sconvolse l’Italia

L’Italia intera rimase con il fiato sospeso per oltre 60 ore mentre le telecamere della televisione nazionale trasmettevano in diretta ogni momento del disperato tentativo di salvare il piccolo Alfredo Rampi, meglio conosciuto come Alfredino. Il drammatico evento, avvenuto tra il 10 e il 13 giugno 1981 a Vermicino, vicino Frascati, ha segnato profondamente il Paese e ha portato alla creazione della Protezione Civile come la conosciamo oggi.

La Caduta nel Pozzo

Il dramma ebbe inizio il 10 giugno 1981, quando Alfredino, un bambino di sei anni, chiese di poter tornare a casa da solo dopo una passeggiata con il padre nelle campagne romane. In un momento di incoscienza e sfortuna, il piccolo cadde in un pozzo artesiano non protetto, che si trovava nei pressi del loro percorso. Il pozzo, profondo 80 metri con un’imboccatura di appena 28 centimetri, era stato scavato per accedere alla falda acquifera e rappresentava una trappola mortale.https://www.youtube.com/embed/IogeUwjmWto?si=UYsGNPwdjbsodqOD

I Tentativi di Salvataggio

Subito dopo la scoperta della caduta, iniziarono i tentativi di salvataggio. La prima idea fu quella di calare una tavoletta nel pozzo per permettere al bambino di aggrapparsi e risalire. Tuttavia, le irregolarità delle pareti del pozzo fecero sì che la tavoletta si incastrasse molto al di sopra della posizione di Alfredino. Come se non bastasse, la corda si spezzò, lasciando la tavoletta bloccata e complicando ulteriormente le operazioni di soccorso.

Si decise quindi di scavare un secondo pozzo parallelo a quello in cui era intrappolato Alfredino, con l’obiettivo di raggiungerlo attraverso un tunnel orizzontale. Purtroppo, la vicinanza tra i due pozzi fece sì che le vibrazioni delle escavatrici facessero scivolare il bambino ancora più in profondità. Nonostante le previsioni iniziali di 12 ore per completare lo scavo, il terreno roccioso, composto principalmente da peperino, rallentò significativamente i lavori, prolungandoli oltre il doppio del tempo previsto.

Gli Ultimi Tentativi

Quando finalmente si comprese che Alfredino era scivolato fino a 60 metri di profondità, i soccorritori decisero di far scendere dei volontari nel pozzo nella speranza di afferrarlo e tirarlo fuori. Diversi tentativi furono fatti, tra cui quello memorabile di Angelo Licheri, che riuscì a scendere più in basso di chiunque altro, ma non fu sufficiente a salvare il bambino.

Anche l’ultimo disperato tentativo, quello di Donato Caruso, si rivelò vano. Ormai, Alfredino aveva perso conoscenza e, con il passare del tempo, si era spenta ogni speranza. Alla fine, fu calato uno stetoscopio per verificare i segni vitali del bambino, ma era troppo tardi.

Le Conseguenze della Tragedia

La tragica morte di Alfredino, avvenuta sotto gli occhi di milioni di italiani, lasciò un segno indelebile nella memoria collettiva. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, presente sul luogo della tragedia, raccolse l’appello disperato della madre di Alfredino, Franca Rampi, per evitare che simili disastri potessero ripetersi

Da questa tragedia nacque la Protezione Civile Italiana, un organismo dedicato a garantire una risposta coordinata ed efficiente alle emergenze. L’intento era quello di imparare dagli errori commessi durante il salvataggio di Alfredino e di mettere in atto misure preventive e organizzative per affrontare future situazioni di crisi.

Un Ricordo Indelebile

La vicenda di Alfredino Rampi non è solo una storia di dolore e perdita, ma anche un monito sulla necessità di sicurezza e prevenzione. Ha evidenziato le gravi mancanze organizzative e la necessità di una struttura pronta a intervenire in situazioni di emergenza. Oggi, la Protezione Civile è un pilastro fondamentale nella gestione delle emergenze in Italia, un lascito del piccolo Alfredino e della sua famiglia che hanno trasformato una tragedia personale in un contributo significativo per la sicurezza collettiva.

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