Alex Zanotelli, il prete contro i funerali di Berlusconi: figuraccia colossale
Quello che non ha ancora capito padre Alex Zanotelli, dopo tanti anni di sacerdozio e nonostante le aperture del Concilio Vaticano II, è che ammonire i peccatori è un’opera di misericordia spirituale utile fintanto che essi sono in vita e possono emendarsi. Dopo, il loro destino eterno è affidato esclusivamente alla misericordia di Dio.
Il missionario comboniano, che spiega di essere stato rispedito dal Kenya in Italia a convertire «la tribù bianca», esordisce sul Fatto Quotidiano con una lezione a monsignor Mario Delpini, officiante ma anche amministratore della diocesi ambrosiana: i funerali religiosi a Silvio Berlusconi non dovevano essere concessi perché nel 2001 aveva affermato: «Dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà». Magari parlava della cristianità che, nello sforzo di evangelizzazione di terre lontane e popoli selvaggi, aveva abolito la schiavitù, i sacrifici umani, introducendo il concetto biblico dell’unicità del genere umano, unico vero antidoto a ogni forma di razzismo. Ma ai profeti del multiculturalismo, odiatori dell’Occidente, tali aspetti interessano relativamente.
DIRITTO CANONICO – Per quanto abbia un’anima immortale anche il fondatore di Forza Italia, il suo contributo civile e politico viene disconosciuto fino a definire il defunto «un uomo di una amoralità terribile, che lui ha eretto a etica del popolo italiano. Abbiamo una società amorale grazie a lui», come afferma in un’intervista l’ex direttore di Nigrizia (da cui fu allontanato dall’autorità ecclesiastica).
La sua invettiva sembrerebbe porre lo scomparso fra i «peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli», colpiti dal comma 3 del Canone 1184 del Codice di diritto canonico, se non fosse che occorre si verifichi un’altra condizione necessaria: si può tenere la bara fuori dalla chiesa e non benedire la salma solo di coloro che «prima della morte non diedero alcun segno di pentimento». E di questa circostanza padre Zanotelli non può essere a conoscenza, a meno di una rivelazione privata che finora non consta.
Quel che si registra dalle parole del religioso, semmai, è un rigore giansenista, utilizzato come strumento per condannare i reprobi. È una privata Inquisizione, orientata a giudicare la Chiesa piuttosto che al perseguimento della sua missione: salus animarum suprema lex, cioè la legge suprema è la salvezza delle anime.
Invece sul banco degli imputati finisce la Cei dei tempi del cardinale Camillo Ruini, il cui «notevole connubio» con Berlusconi confermerebbe che «non è la Chiesa di Francesco». Eppure, ieri le spoglie mortali del personaggio a cui sono attribuiti tutti i mali dell’Italia sono entrate nel Duomo di Milano e sono state incensate, secondo il rito ambrosiano. La legge ecclesiastica, riguardo sempre alle esequie, fra l’altro prescrive di agire secondo quanto dispone il vescovo: «Presentandosi qualche dubbio, si consulti l’Ordinario del luogo, al cui giudizio bisogna stare».
Zanotelli al contrario è convinto che sia in atto una santificazione del Cavaliere. E ne teme le conseguenze: trova che lo stile di vita dello scomparso non sia stato edificante e che tacerlo significhi macchiarsi d’omissione e diffondere il male nella società. Ovviamente, non pronuncia al cospetto del giornalista la parola “peccato” – troppo antiquata! – ma s’imbarca in un giudizio politico prima ancora che morale.