Caso Yara Gambirasio, oggi la difesa di Bossetti visiona i reperti in udienza: “Momento atteso da 10 anni”
A dieci anni dall’arresto del loro assistito e a cinque dall’autorizzazione, i legali di Massimo Bossetti potranno osservare per la prima volta i reperti del “caso” Yara. Sarà oggi, lunedì 13 maggio, alle 15, in una camera di consiglio in Corte d’Assise a Bergamo. È stata una lunga odissea fra Bergamo e la Cassazione, che a febbraio ha accordato solo la possibilità di una presa visione e non l’esame invasivo richiesto dai legali dell’uomo all’ergastolo per l’omicidio della 13enne di Brembate di Sopra.
“Stiamo aspettando questo momento da 10 anni. Massimo Bossetti è stato arrestato il 16 giugno 2014 e da quel momento, oltre a professarsi da sempre innocente, ha chiesto di poter esaminare questi reperti. Cosa che non era stata mai concessa, così come la possibilità di poterli anche solo vedere”. A parlare è l’avvocato Claudio Salvagni, che, insieme a Paolo Camporini, difende Bossetti.
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La Cassazione aveva giudicato inammissibile l’istanza con la quale la difesa chiedeva di poter sottoporre ad accertamenti i reperti dell’indagine e non solo visionarli. Gli avvocati Salvagni e Camporini chiedevano di effettuare analisi, tra l’altro, sui leggings e gli slip della ginnasta tredicenne di Brembate Sopra sui quali venne isolato il Dna inizialmente identificato come «Ignoto 1» e poi ricondotto a Bossetti. Tra il materiale sono presenti anche i campioni di questo Dna, la cosiddetta «prova regina» che è sempre stata al centro della battaglia processuale.
“È un passaggio importante, anche se solo un primo passo perché quei reperti noi vorremmo analizzarli. – prosegue l’avvocato – La prima cosa che vogliamo fare è verificare l’esistenza dei reperti e il loro stato di conservazione, poi con le riprese fotografiche magari riuscire a trovare dei particolari che evidenzino la presenza di altre tracce”.
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I legali di Bossetti tentano di individuare nuovi elementi per la richiesta di revisione
Tutta questa attività è finalizzata a individuare elementi nuovi che possano portare a una richiesta di revisione, finora mai presentata.
“Il processo a Massimo Bossetti ruota tutto intorno alla prova scientifica sul Dna ma lui ha sempre detto che non poteva essere il suo perché non aveva mai visto, incontrato e tantomeno ucciso la povera Yara. – continua l’avvocato – Quindi, l’unico modo per confermare il fatto che non è lui è dimostrare che c’è un errore, che l’esame di Ignoto 1 è sbagliato. Di conseguenza, abbiamo sempre chiesto di esaminarlo, l’unico modo per poter fare una revisione è quello”.
L’osservazione riguarderà, tra l’altro, gli slip su cui è stata trovata la traccia genetica mista, della vittima e dell’allora Ignoto 1, considerata la “prova regina” contro Bossetti; la felpa che Yara indossava il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa; il giubbotto che aveva nel campo di Chignolo d’Isola dove è stata trovata senza vita tre mesi dopo. E appariranno anche le 54 provette di Dna – trasferite da un frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’Ufficio corpo di reati del tribunale di Bergamo – che hanno acceso un aspro scontro tra difesa e accusa.
Secondo il legale, per dimostrare che l’esame su quegli estratti è sbagliato occorreva analizzare proprio quegli estratti. “Questi però sono stati spostati dalla temperatura di -80 gradi dove erano custoditi correttamente alla temperatura ambiente dell’Ufficio Corpi di reato”, dice Salvagni.
“È evidente quindi che quelle provette sono state distrutte e alterate, non potranno più essere utilizzate per ottenere la dimostrazione di questo errore. – prosegue – Ci resta allora da esaminare i reperti, quelli che dovremmo vedere oggi, ed estrarre del nuovo Dna per poter fare delle nuove analisi. Questo è ciò che possiamo fare”.