Parkinson, torna a camminare dopo 30 anni. E non è un miracolo…
E’ una storia davvero eccezionale quella di Marc Gauthier che, dopo trent’anni, è tornato a camminare al termine di una riabilitazione seguita all’intervento di innesto di una neuroprotesi nel suo midollo spinale. L’uomo, francese di 62 anni, era affetto da Parkinson.
Parkinson, la tecnologia rivoluzionaria
Proprio a causa del Parkinson, Gauthier ha visto la sua vita rivoluzionata: prima era architetto e sindaco della sua città, vicino a Bordeaux, poi è cambiato tutto: è diventato instabile nel muoversi, incapace di mantenersi in piedi perché la malattia gli provocava movimenti incontrollabili e difficoltà di coordinazione, problemi che sono peggiorati nel tempo. L’intervento (sperimentale) a cui è stato sottoposto l’ha fatto rinascere, tanto che gli ha consentito di camminare per 6 chilometri senza problemi. E potrebbe rappresentare una svolta epocale nel trattamento della malattia neurodegenerativa. Tutto ciò è stato portato alla luce da uno studio pubblicato su Nature Medicine, “come possibile soluzione per migliorare la capacità di camminare e mantenere l’equilibrio delle persone affette da Parkinson”, scrive Repubblica, che oggi racconta la storia dell’uomo.
Parkinson, l’intervento sperimentale
La tecnologia di cui stiamo parlando è stata sviluppata dai ricercatori del Politecnico federale di Losanna (Epfl): ha consentito a Gauthier di camminare in modo fluido e di spostarsi sul terreno senza cadere, cosa che non poteva fare prima del trattamento. La stimolazione del midollo spinale, di questo si tratta, prevede l’impianto chirurgico di un dispositivo neuroprotesico che fornisce impulsi di elettricità a specifiche regioni del midollo spinale nel tentativo di attivare circuiti neurali disfunzionali. La tecnica è stata utilizzata sperimentalmente per consentire alle persone paralizzate da una lesione del midollo spinale di stare in piedi da sole e persino di camminare per brevi distanze.
Come colpisce il Parkinson
Quando parliamo di Parkinson le incognite su quando possa colpire e in che modo a seconda dell’età, si sprecano. “È una malattia cronica e progressiva, che nel tempo porta disabilità – premette Claudio Pacchetti, neurologo, direttore del centro Parkinson e disordini del movimento all’Istituto neurologico Mondino di Pavia –. Quindi, che un paziente abbia nel corso della sua evoluzione clinica una perdita di abilità motorie che possono determinare un confinamento delle prestazioni, fino a portarlo in carrozzina, è nelle possibilità”.
“In quanto tempo può accadere? Dipende da quando il Parkinson incontra l’età anagrafica – prosegue Pacchetti -. Parliamo di 15-20 anni in pazienti anziani, mentre se sono giovani il rischio è remoto. Come limitarlo? Se ci si attiva in una fase precoce con interventi di chirurgia funzionale, si può stabilizzare il paziente e garantirgli un’ottima qualità di vita”.