Danno i pieni poteri sui soldi degli italiani al “guardiano” che fa gli interessi di Bruxelles e non dell’Italia
C’è una partita che si sta giocando tra Bruxelles e Roma. Mentre a Villa Pamphili il premier Giuseppe Conte fa il suo show fingendo di prestare ascolto a tutte le persone che sono state invitate agli Stati Generali, l’Unione europea ha già messo in chiaro cosa pretende in cambio dei (pochi) soldi che presterà al nostro Paese: riforme.
Le stesse probabilmente che esigeva dal governo giallorosso prima dell’esplosione della pandemia. Con l’aggravante della crisi economica che si è scatenata negli ultimi tre mesi. Il fatto che il primo giorno della passerella sull’Aurelia Antica fossero presenti la presidente di Commissione europea, Ursula Von der Leyen, la governatrice della Banca centrale europea, Christine Lagarde, e la direttrice del Fondo monetario internazionale, direttrice Kristalina Georgieva (la Troika al gran completo, insomma), la dice lunga sulle mire che ha l’Unione europea.
In sospeso Conte e i vertici di Bruxelles hanno lasciato un lungo elenco di riforme da attuare. Le 95 pagine, ritirate fuori da ItaliaOggi andandosi a spulciare il sito ec.europa.eu, sono state messe nero su bianco il 26 febbraio 2020, quando cioè erano già stati scoperti i primi casi nel Lodigiano e in Veneto e l’Italia piangeva le prime vittime mietute dal nuovo coronavirus. I desiderata dell’Unione europea sono sempre i soliti: riforme a pioggia su catasto, pensioni, Iva e giustizia. È vero che le ultime raccomandazioni all’Italia, espresse il mese scorso, sono meno drastiche, ma è anche vero che all’ultimo Consiglio europeo le condizionalità sono tornate oggetto di discussione. È, infatti, probabile che siano più stringenti per quei Paesi che prenderanno i soldi del Recovery Fund. Ora non resta che capire chi, in quel momento, porterà avanti i diktat della Commissione europea. Se non dovesse farlo il governo, ci penserà sicuramente la Troika. Forse è anche per armarsi preventivamente che Palazzo Chigi, firmando il decreto dello scorso 16 giugno, ha dato al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri “poteri straordinari” che non hanno precedenti nella storia della Repubblica, almeno nella portata delle somme che può gestire senza dover rendere conto a nessuno.
A far uscire la notizia, che nei giorni scorsi è passata sotto traccia, è stato il Corriere della Sera. Ovviamente lo ha fatto ammantandola di positività e lodando Gualtieri per il suo “massimo senso di responsabilità”. Ma la notizia nuda e cruda è questa: avrà pieni poteri sugli 80 miliardi di aumento di deficit. Potrà, cioè, “variare e riassegnare” le spese senza passare dal Consiglio dei ministri né dal parlamento. Un potere che, si legge sul Corsera, è stato “palesemente pensato per tamponare falle e rimediare ritardi nella macchina burocratica”. Fin dove si spingerà? Difficile dirlo ora. Quel che è certo è che il titolare dell’Economia, che nel 2011, insieme al tedesco Elmar Brok, fu il relatore del Meccanismo europeo di stabilità, non ingaggerà mai uno scontro con i vertici europei, ma piuttosto tenderà ad assecondarli. D’altra parte è tra gli uffici di Bruxelles e Strasburgo che si è formato. E, sebbene si sia schierato contro l’austerità del Nord Europa in più di un’occasione, sa bene che nei prossimi mesi gli spetterà uno “sporco” lavoro, quello cioè di far ingoiare agli italiani le riforme richieste dall’Unione europea per vedere arrivare i (fantomatici) aiuti e i prestiti. Così, dopo aver ottenuto mano libera a gestire i primi 80 miliardi di euro. c’è da credere che continuerà ad averla anche nella fase successiva, quando l’Italia potrà spendere i soldi europei sotto il monitoraggio di Bruxelles. Un po’ come un guardiano
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