Udine, è morto l’ultimo testimone oculare degli orrori delle foibe
Si è spento nella sua abitazione di Latisana, in provincia di Udine, Giuseppe Comand. Una specie di istituzione per il mondo degli esuli e per la storia di Italia, di cui ha contribuito a svelare le pagine più oscure.
Comand, classe 1920, era l’ultimo testimone delle esumazioni dei nostri connazionali infoibati durante la prima ondata di persecuzioni in Istria. Aveva poco più di vent’anni quando, nel 1943, venne scelto per calarsi nell’abisso.
La sua unità, disarmata dai tedeschi dopo l’8 settembre, era stata aggregata alla squadra dei vigili del fuoco di Pola. È stato allora che il giovane soldato ha sentito parlare per la prima volta di foibe. Senza immaginare quali orrori celassero. Orrori che Comand ha raccontato a Il Giornale in un’intervista. Lui, in realtà, non discese mai quegli inferi. “Io non mi calo nella foiba, piuttosto sparatemi”, rispose impaurito quando gli venne impartito l’ordine di scendere nelle gole carsiche. Esonerato per la sua giovane età, ma assistè a numerosi recuperi. E attraverso gli occhi dei compagni riuscì comunque a vedere nel profondo delle foibe. Il primo recupero, nella foiba di Vines, toccò al maresciallo Arnaldo Harzarich.
All’interno c’erano un’ottantina di cadaveri. “Il maresciallo raccontava che era terrificante e sembrava di calarsi all’inferno. L’odore della putrefazione era così forte che si sentiva a chilometri di distanza. Il problema era recuperare i corpi straziati tenendoli il più possibile intatti”. Poi ancora a Villa Surani, Comand assisté al recupero di Norma Cossetto. Fu sempre Harzarich a scendere. “Con il raggio della pila illuminò il corpo di una ragazza seminuda, che sembrava seduta sul fondo della foiba con la schiena appoggiata alla parete e la testa rivolta verso l’alto, come se sorridesse. Si trattava di Norma Cossetto, la studentessa istriana, torturata e violentata dai partigiani prima di venire infoibata”.
Comand ha tramandato anche le testimonianze degli abitanti che assistettero al calvario dei prigionieri. “A molti disgraziati, prima di venire infoibati, legavano gli avambracci con del filo di ferro ruggine stretto fino all’osso grazie a pinze e tenaglie. Poi li costringevano a salire su una corriera rossa che li portava davanti alla foiba. Sembra che sparassero solo al primo per far precipitare gli altri ancora vivi. Il macabro rito si chiudeva con il lancio di un cane sopra i corpi per una superstizione slava sui morti”.
“Giuseppe Comand è una di quelle persone che hanno permesso che la storia delle foibe e dell’esodo venisse conosciuta. Non potremo mai dimenticare il suo contributo per la verità. Sarebbe bello se a quest’uomo, già insignito dell’onorificenza di commendatore al merito della Repubblica da Matterella, venissero dedicate strade in tutto il Paese”, commenta Emenuele Merlino, vicepresidente del Comitato 10 Febbraio. “Con la scomparsa di Giuseppe Comand – scrive su Facebook la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni – se ne va l’ultimo testimone degli orrori delle Foibe. È per il suo impegno e per la sua testimonianza che non abbiamo mai smesso di chiedere verità e giustizia per gli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia”. Anche per la deputata Pd Debora Serracchiani, con la morte di Comand “perdiamo la memoria e la testimonianza diretta di quel che fu l’orrore delle foibe, e di quale pietosa opera si fecero carico coloro che riportarono alla luce i corpi straziati”.