Partite Iva, in Italia scenario da incubo per i lavoratori autonomi
Redditi in calo, una valanga di adempimenti fiscali e burocratici, un controllo ogni tre giorni: in Italia la situazione per i lavoratori autonomi e per il popolo delle partite Iva è sempre più complicata.
A fotografare questo scenario è Federcontribuenti, che nel suo ultimo report evidenzia lo stato di forma del numeroso popolo delle partite Iva. Innanzitutto c’è un dato che dovrebbe far riflettere: nove autonomi italiani su dieci lamentano la presenza di ingenti difficoltà nello svolgimento del proprio lavoro.
Uno scoglio enorme, insomma, che si aggiunge a tutti gli altri ostacoli e che ha provocato l’evaporazione di 3,3 milioni di partite Iva dal 2016 a oggi. E questo nonostante l’ampliamento, con la legge di bilancio 2019, del regime forfettario fino a 65 mila euro.
Ma non è finita qui, perché ci sono altri particolari che meritano menzione. Ogni anno le partite Iva subiscono 100 controlli da 15 enti differenti; calcolatrice alla mano significa avere a che fare con un controllo ogni tre giorni. Il 25% degli autonomi, come riporta il quotidiano Italia Oggi, vive al di sotto della soglia di povertà calcolata dall’Istat.
Uno scenario sempre più complicato
In Italia ci sono 5,3 milioni di partite Iva aperte (il 23,2% degli occupati totali) e, solo lo scorso anno, ne sono state aperte oltre 400mila. Questi lavoratori devono fronteggiare numerose insidie, fra cui un reddito medio in picchiata, che negli ultimi dieci anni è calato di 7mila euro. Stanto ai numeri di Confcommercio professioni, dal 2008 i liberi professionisti hanno perso il 25% dei guadagni annui.
Accanto al reddito in calo c’è da prendere atto anche di una situazione debitoria fuori controllo. Il 98% “ha in corso rateizzazioni per debiti o mancati pagamenti” che si accumulano alle varie scadenze fiscali. Una pressione enorme e complicata da sostenere, come si legge nella nota di Federcontribuenti: “Alla fine di ogni anno aprono la Pec tremando. Questo perché di norma ricevono avvisi di sanzione da parte dell’Inps con ricalcoli misteriosi basati su vecchie dichiarazioni dei redditi anche di 6-7 anni prima con intimazioni a pagare entro cinque giorni”.
Il suggerimento di Federcontribuenti? Ripensare le tasse sui “soldi non ancora guadagnati”: “Si chiama imposta sul valore aggiunto laddove un autonomo deve anticipare i soldi allo stato su un ipotetico guadagno. Occorre tagliare del 60% tutti gli adempimenti fiscali e burocratici, snellire le procedure e prevedere una maggiore elasticità nelle scadenze per evitare continui ricalcoli e cartelle esattoriali che mettono a rischio attività lavorative sane”.