La Chiesa a gamba tesa su Salvini: arriva il manifesto anti sovranista
Si sono sempre fronteggiati a distanza. Sin da subito tra l’arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, fatto cardinale da papa Francesco lo scorso 5 ottobre, e il leader della Lega Matteo Salvini non è corso buon sangue.
In più di un’occasione il porporato, che qualche mese fa non ha storto il naso quando alla festa del santo patrono sono stati serviti tortellini senza carne di maiale per non infastidire i musulmani, se ne è uscito incolpando i “porti chiusi” del leader leghista per i migranti che muoiono in mare. Da sempre considerato cappellano del Pd, la sua “promozione” è stata salutata con entusiamo non solo dagli ultrà dell’accoglienza, ma anche dalla sinistra più radicale e dalla comunità Lgbt. E ora, a due mesi dalle elezioni regionali in Emilia Romagna, arriva in libreria con un libro dal titolo già di per sé emblematico, Odierai il prossimo tuo (edizioni Piemme), che non solo è un manifesto anti sovranista ma anche un’accusa durissima all’ex ministro dell’Interno.
La mossa elettorale
Quando, nei giorni scorsi, è trapelata sui giornali la notizia che Zuppi e Salvini si fossero incontrati, è serpeggiato parecchio scetticismo. Perché i due sono ideologicamente lontanissimi e difficilmente potrebbero sedersi a un tavolo e trovare dei punti di contatto. “Non l’ho incontrato”, ha subito smentito il leader del Carroccio parlando con i giornalisti a margine di un comizio a Rimini. “Sui giornali scrivono tante cose, ieri ho avuto una giornata ricca ma non ho incontrato Zuppi. L’ho scoperto anche io sul giornale”. Capitolo chiuso. O quasi. Perché, da qui alle elezioni del prossimo 26 gennaio, i due torneranno a scontrarsi, anche se a distanza. E la doppia pagina che la Lettura del Corriere della Sera gli ha dedicato oggi, ribattezzandolo “l’anti sovranista”, è la riprova che si andrà proprio in questa direzione. Il suo libro, che guarda caso viene pubblicato in piena campagna elettorale per le regionali, ripercorre i cavalli di battaglia della chiesa bergogliana e della sinistra anti leghista. “L’accoglienza non è un incubo da evitare, è il modo in cui la società cresce, ringiovanisce, matura”, scrive il vescovo di Bologna denunciando il rischio di “non commuoversi più per la condizione di chi non ha nulla o è in pericolo”.
Le tesi terzomondiste
“Qualche volta la povertà sembra una colpa e l’aiutare è ridotto a buonismo”. Per Zuppi la ricetta sovranista per correggere la globalizzazione è non solo “ingenua”, ma soprattutto “pericolosa”. “L’enfasi sulle frontiere ha troppo in comune con le ossessioni dei nazionalismi che hanno avvelenato il secolo scorso con due guerre mondiali e il paganesimo della superiorità della razza – accusa il porporato – per dire che i diritti dei ‘miei’ sono più dei diritti dei ‘tuoi’ occorre coprire la realtà, creare narrazioni plausibili ma infondate, creare gerarchie tra persone, capri espiatori, nemici, congiure internazionali”. Questo modo di pensare, a suo dire, genera odio contro “l’invasione dello straniero”. “Oggi c’è ancora tanta fame, ma si rimprovera chi fugge – molti migranti cosiddetti economici – come se la povertà fosse una loro colpa e dovessero restare là, nella loro terra, ‘a casa loro’ – argomenta ancora – pensiamo come normale diritto di sovranità sbattere la porta in faccia senza nemmeno domandarci in maniera seria, almeno un po’, perché sono venuti. ‘Europa- fortezza’ sembra a tanti una formula suggestiva, muscolare, ma copre una debolezza e ha gli occhi rivolti al passato, non prende sul serio nemmeno il declino demografico del nostro continente”.
Nel pamphlet, di cui anche Repubblica oggi ha pubblicato ampi stralci, trovano spazio tutte le tesi che fanno gola ai fan dell’immigrazione. Non solo per quanto riguarda l’accoglienza senza se e senza ma. L’apertura di nuove moschee (“nel rispetto delle leggi”) viene, per esempio, vista come l’occasione per favorire il dialogo con gli islamici, mentre la cittadinanza facile viene letta come un’occasione per integrare gli extracomunitari. “Se una legge come quella dello ius culturae venisse approvata – spiega Zuppi nel suo libro – porterebbe all’integrazione completa di migliaia di bambini che vivono fianco a fianco con i nostri figli, che studiano le stesse materie, che fanno il tifo per le stesse squadre e amano gli stessi eroi, per farli partecipare da protagonisti alla nostra cultura, alle nostre tradizioni e alla nostra civiltà – continua l’arcivescovo – regole chiare, diritti e doveri ma anche un’ opportunità che rende l’integrazione sicura, duratura, possibile”.
La partita per le regionali
Oggi Zuppi è il cardinale italiano più giovane. E la sua teologia collima con quella di papa Francesco che all’ultimo concistoro ha appunto voluto premiare questo “prete di strada” che si è formato nella comunità di Sant’ Egidio. Una scelta che valica l’organigramma della Chiesa cattolica e che sconfina nella politica. Tanto che, come sottolinea già il Corriere della Sera, il suo Odierai il prossimo tuo può già essere considerato una sorta di manifesto anti sovranista. Anche in Vaticano viene avvertita la portata del voto in Emilia Romagna. La Regione “rossa” per eccellenza rischia davvero di passare, per la prima volta, nelle mani del centrodestra e per di più di una candidata leghista, Lucia Borgonzoni. C’è un sondaggio “segreto” che gira ormai da qualche settimana e che dà il presidente uscente Stefano Bonaccini e il Pd a rincorrere Salvini &Co. Già alle europee dello scorso maggio il Carroccio ha portato a casa più del 33% dei voti. Ora, però, sembra che il Partito democratico si sia del tutto asserragliato nelle grandi città lasciando al “capitano” la possibilità di dilagare nelle periferie e nelle campagne. Da qui il tentativo delle “sardine” (tutte allevate nell’acquario dem) di riprendersi le piazze catalizzando l’odio contro l’ex ministro dell’Interno. Un tentativo, che nonostante l’assist fornito anche da Zuppi, potrebbe cadere a vuoto.
Se Salvini e il centrodestra dovessero davvero riuscire nell’impresa di liberare l’Emilia Romagna dal giogo della sinistra, le ripercussioni di questo terremoto politico arriverebbero a farsi sentire sino a Roma. A quel punto Nicola Zingaretti non potrà più far finta di nulla, come ha invece fatto dopo la sonora sconfitta in Umbria, e il governo giallorosso avrebbe definitivamente le ore contate.