Trump, la decisione su Putin: “Ora basta!”. Terza guerra mondiale? Il mondo trema

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbandonerà il tentativo di mediare un accordo di pace tra Russia e Ucraina entro pochi giorni, a meno che non ci siano chiari segnali che un accordo possa essere raggiunto, ha dichiarato venerdì il Segretario di Stato americano Marco Rubio. Lo riporta l’agenzia di stampa Reuters.

Il recente intervento di Marco Rubio, segretario di Stato degli Stati Uniti, durante il vertice di Parigi promosso da Emmanuel Macron ha segnato una svolta chiara e decisa nella politica estera americana. Con franchezza e senza mezzi termini, Rubio ha annunciato che la pazienza di Washington riguardo al conflitto in Ucraina è ormai esaurita, e che una decisione rapida sulla pace è ormai imprescindibile. La sua dichiarazione rappresenta una cesura netta rispetto alla precedente linea di progressiva attesa e mediazione, e apre un nuovo, inquietante capitolo nella crisi internazionale.

Un cambiamento strategico: il ritorno al disimpegno selettivo

Rubio ha sottolineato come gli Stati Uniti siano pronti a voltare pagina, lasciando alle spalle la logica della solidarietà internazionale e privilegiando il ritorno a un ruolo più strategico e selettivo. Non si tratta più di mantenere un impegno indefinito e universale, ma di sostenere solo ciò che è ritenuto utile e conveniente. La firma di questa svolta risiede nel concetto di “disimpegno selettivo”, una politica che privilegia gli interessi nazionali e riduce il coinvolgimento in conflitti che non producono immediati benefici strategici. In questa chiave, se Kiev e Mosca non dimostreranno segnali concreti di volontà negoziale in tempi brevi, Washington potrebbe decidere di ritirarsi, lasciando il conflitto alle sue sorti.

Il rischio di isolamento e crisi per l’Europa e l’Ucraina

Le implicazioni di questa posizione sono di portata geopolitica mondiale, e pongono l’Europa e l’Ucraina davanti a scenari destabilizzanti. Per Kiev, il rischio di isolamento è ormai alle porte, soprattutto considerando la stasi dell’offensiva militare e l’esaurimento delle risorse. La perdita del sostegno strategico americano potrebbe trasformarsi in una crisi esistenziale per il governo di Zelensky, che ha finora potuto contare sui finanziamenti militari e logistici statunitensi come pilastri della propria resistenza.

Anche l’Europa si trova in bilico: senza la copertura strategica americana, Bruxelles si troverebbe a gestire una guerra ai propri confini senza un comando coordinato e senza una robusta forza militare autonoma capace di bilanciare l’aggressione russa. La fine di un impegno americano deciso rischia di incrinare l’intera architettura di sicurezza del continente, mettendo in discussione il principio della solidarietà atlantica e rivedendo i già fragili equilibri di potere.

Un ritorno alle politiche “America First”

Il discorso di Rubio ribadisce come l’America si stia allontanando dall’ambizione di un ordine mondiale multilaterale gestionale, volto a garantire stabilità e cooperazione sotto guida statunitense. La nuova “dottrina di priorità” è incentrata sulla salvaguardia degli interessi nazionali, anche a costo di sacrificare l’impegno globale in crisi come quella ucraina. La retorica di un “America First” rafforza il senso che le crisi internazionali, ormai, sono subordinate alle priorità economiche e politiche interne, rendendo il ruolo degli Stati Uniti più transazionale e meno strategico.

Ultimatum o rottura: il dilemma che potrebbe cambiare il corso del conflitto

All’interno di questa visione, il messaggio di Rubio lascia presagire un’unica conclusione possibile: o si otterranno risultati rapidi nelle trattative di pace, oppure gli Stati Uniti abbandoneranno lo sforzo diplomatico, ripiegando sui propri interessi. La linea rossa tracciata con fermezza indica che il rischio di una ulteriore degenerazione del conflitto è reale e immediato, e che la credibilità occidentale – e quella dell’Europa in particolare – potrebbe essere seriamente compromessa.

In questa fase, si evidenzia come l’orizzonte dell’intervento internazionale non sia più definito da un percorso di soluzione condivisa, ma da una linea di condotta che potrebbe portare a una rottura definitiva, con conseguenze imprevedibili. La sfida principale consiste nel mantenere un’unità di intenti tra le potenze europee e gli Stati Uniti, affinché l’Occidente possa continuare a essere protagonista nel definire il proprio futuro e quello di un ordine globale sempre più fragile.

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