Il caso della 11enne a Mestre ha scatenato un acceso dibattito in Italia. Massimiliano Mulas, 45enne con una lunga storia di condanne penali, ha trascorso anni spostandosi tra diverse regioni, cambiando identità sui social e riuscendo sempre a sfuggire a un controllo efficace.
Nonostante condanne per stupro in Trentino e Padova, è tornato libero, ripetendo lo stesso schema: avvicinare le ragazzine all’ingresso delle loro case. Dagli anni ’90 a oggi, Mulas ha lasciato una scia di sofferenza. A 18 anni, a Tempio Pausania, terrorizzò una ragazza inviandole la testa mozzata di un cane. In Trentino, nel 2002, violentò una turista.
A Padova, nel 2006, colse di sorpresa due studentesse con una lama, trascinandole in casa. Lo stesso metodo usato a Mestre: seguire la malcapitata, sorprenderla vicino alla porta per trascinarla dentro. I social erano il suo strumento: cercava contatti con donne, fingendosi innocuo, mentre i suoi post rivelavano ossessione e instabilità.
Nonostante numerose condanne (4 anni in Trentino, 8 a Padova), Mulas è sempre riemerso. Nel 2015, in Umbria, fu indagato per un tentativo su una minorenne, ma il caso si chiuse senza condanna. Nel 2018 finì di nuovo dietro le sbarre in Sardegna, ma nel 2021 era già libero. Il suo avvocato sostiene che non abbia mai avuto percorsi psicologici obbligatori.
I social, dove si presentava come un uomo in cerca di compagnia, erano la sua maschera. Nel 2013, Massimiliano Mulas scriveva sui social: «Ciao a tutte le ragazze, io sono qui. Qualcuna vorrebbe mettersi in contatto con me?». All’epoca era tornato libero, probabilmente grazie a qualche sconto di pena. Secondo il suo avvocato, Mulas non ha mai affrontato un percorso terapeutico o una perizia psicologica. Le ragazze, aggiunge il legale, sono sempre rimaste «il suo primo pensiero».