Mestre, il violentatore della bimba di 11 anni: “Non sto bene, qualcuna vorrebbe conoscermi?”

Stava per varcare la porta di casa, nell’androne del suo palazzo, quando è stata colta di sorpresa. Sfortunata protagonista di questa vicenda è una ragazzina di 11 anni che giovedì pomeriggio, 10 aprile, è stata violentata a Mestre, nella cintura di Venezia. L’uomo l’aveva seguita per strada, probabilmente fin dall’uscita della palestra, approfittando del fatto che la minorenne era distratta dal cellulare, intrattenuta in una conversazione con un’amica coetanea.

Mentre la undicenne parlava con la sua amica, Mulas ha colto l’occasione per avvicinarsi. La compagna di scuola, ancora in linea, ha sentito le urla improvvise l’uomo ha afferrato la bambina, trascinandola dentro l’edificio. Si tratta di Massimiliano Mulas, 45 anni, originario di Tempio Pausania, già noto alle forze dell’ordine per precedenti di abusi sessuali.

La telefonata si è trasformata in una testimonianza chiave per le indagini. Mulas non è nuovo a reati di questo tipo. Già segnalato per aggressioni a donne, la sua fedina penale ha reso più rapida l’identificazione. Dopo aver commesso il reato, ha tentato anche di derubare la bambina, forse per coprire le tracce o intimidirla ulteriormente, prima di darsi alla fuga.

La dinamica rivela una freddezza e una premeditazione che hanno scioccato tutto il Paese. Grazie alla descrizione fornita dalla giovane e alle prove raccolte, le forze dell’ordine hanno avviato una ricerca immediata. Mulas è stato rintracciato e ammanettato in tempi brevi, ma il trauma per la ragazzina rimarrà profondo.

L’episodio ha riacceso il dibattito sulla prevenzione della violenza di genere e sul controllo dei soggetti pericolosi. In queste ore stanno emergendo ulteriori retroscena sul profilo del presunto colpevole. Le sue parole sono agghiaccianti.

Il caso della 11enne a Mestre ha scatenato un acceso dibattito in Italia. Massimiliano Mulas, 45enne con una lunga storia di condanne penali, ha trascorso anni spostandosi tra diverse regioni, cambiando identità sui social e riuscendo sempre a sfuggire a un controllo efficace.

Nonostante condanne per stupro in Trentino e Padova, è tornato libero, ripetendo lo stesso schema: avvicinare le ragazzine all’ingresso delle loro case. Dagli anni ’90 a oggi, Mulas ha lasciato una scia di sofferenza. A 18 anni, a Tempio Pausania, terrorizzò una ragazza inviandole la testa mozzata di un cane. In Trentino, nel 2002, violentò una turista.

A Padova, nel 2006, colse di sorpresa due studentesse con una lama, trascinandole in casa. Lo stesso metodo usato a Mestre: seguire la malcapitata, sorprenderla vicino alla porta per trascinarla dentro. I social erano il suo strumento: cercava contatti con donne, fingendosi innocuo, mentre i suoi post rivelavano ossessione e instabilità.

Nonostante numerose condanne (4 anni in Trentino, 8 a Padova), Mulas è sempre riemerso. Nel 2015, in Umbria, fu indagato per un tentativo su una minorenne, ma il caso si chiuse senza condanna. Nel 2018 finì di nuovo dietro le sbarre in Sardegna, ma nel 2021 era già libero. Il suo avvocato sostiene che non abbia mai avuto percorsi psicologici obbligatori.

I social, dove si presentava come un uomo in cerca di compagnia, erano la sua maschera. Nel 2013, Massimiliano Mulas scriveva sui social: «Ciao a tutte le ragazze, io sono qui. Qualcuna vorrebbe mettersi in contatto con me?». All’epoca era tornato libero, probabilmente grazie a qualche sconto di pena. Secondo il suo avvocato, Mulas non ha mai affrontato un percorso terapeutico o una perizia psicologica. Le ragazze, aggiunge il legale, sono sempre rimaste «il suo primo pensiero».

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