Alleanza a sinistra, non basta la “piazza per l’Europa”: il “campo largo” piace solo al Pd

Il centrosinistra italiano continua a trovarsi in una situazione di difficoltà non solo nei numeri, sia in Parlamento che nei sondaggi, ma anche nella costruzione di alleanze solide e credibili per sfidare il centrodestra. L’idea di un “campo largo”, più volte evocata, appare oggi ancora un’ipotesi fragile, ostacolata da diffidenze reciproche e strategie divergenti tra le diverse anime dell’opposizione.

L’indagine Demos: i numeri di un’alleanza incerta

Un recente sondaggio condotto da Demos evidenzia con chiarezza il nodo del problema: se da un lato il 59% degli elettori del Pd è favorevole a un’alleanza con il Movimento 5 Stelle e il cosiddetto Terzo Polo (Azione, Italia Viva e +Europa), dall’altro questa prospettiva viene accolta con freddezza dagli elettori delle altre forze politiche. Nel M5S il sostegno a un’intesa stabile con un programma comune è minoritario, e diventa ancora più scarso tra i partiti centristi, che si collocano ai margini dei due poli principali.

Le motivazioni di queste divisioni sono molteplici, ma ruotano principalmente attorno alla compatibilità tra programmi e, soprattutto, alla difficoltà di armonizzare gruppi dirigenti spesso in competizione tra loro. Il problema si acuisce per i partiti minori, per i quali un’alleanza rischia di tradursi in una perdita di identità e di peso politico.

Il dilemma del Movimento 5 Stelle

Una questione particolare riguarda il Movimento 5 Stelle, nato come forza antisistema e alternativa ai partiti tradizionali. Sebbene negli anni abbia assunto caratteristiche sempre più istituzionali, il passaggio definitivo a una logica di alleanze stabili con il centrosinistra viene percepito da una parte della sua base elettorale come una perdita della propria identità originaria.

Inoltre, il calo di consensi subito negli ultimi anni rende ancora più difficile per il M5S accettare una posizione subalterna in una possibile coalizione. I dati confermano questa tendenza: il Movimento ha registrato un declino costante, come dimostrato sia dai sondaggi degli ultimi mesi sia dal risultato delle elezioni europee dello scorso giugno. E ha cominciato a risalire solo prendendo posizioni autonome e forti.

Un’opposizione unita solo dal nemico comune?

Al di là delle differenze programmatiche, ciò che accomuna le forze all’opposizione sembra essere soprattutto la contrapposizione al governo e alla sua leader. Più che un’idea condivisa di futuro, a tenere insieme il fronte progressista è la volontà di contrastare Giorgia Meloni e la coalizione di centrodestra. Lo stesso, nessuna ipotesi di alleanza raggiunge una soglia di consenso interno superiore al 60%, segno che la frammentazione e le resistenze reciproche restano profonde.

In questo scenario, il centrosinistra appare bloccato in un vicolo cieco: diviso al suo interno e privo di una visione unitaria, rischia di restare in una condizione di minoranza strutturale. L’assenza di un progetto chiaro, capace di superare la semplice opposizione alla destra, rende difficile immaginare un futuro elettorale solido e vincente.

Se il “campo largo” non si trasforma in un vero progetto politico, in grado di attrarre consensi al di là delle paure e delle contrapposizioni, il centrosinistra rischia di rimanere confinato in una perenne fase di sconfitta.

 

 

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