“C’è un grosso problema”: Roberta Bruzzone su Resinovich, gelo in studio

La tragica scomparsa di Liliana Resinovich, avvenuta il 14 dicembre 2021 a Trieste, continua a suscitare interrogativi e a dividere l’opinione pubblica. La donna, di 63 anni, è stata ritrovata senza vita dopo giorni di ricerche, e da quel momento il caso ha generato un acceso dibattito tra esperti e cittadini, alimentato dalle diverse teorie che circolano riguardo alla sua morte. Mentre alcuni sostengono l’ipotesi del suicidio, altri credono fermamente che si tratti di un omicidio.

Recentemente, una nuova perizia commissionata dalla Procura di Trieste ha riaperto il dibattito, aggiungendo dettagli che potrebbero avere un impatto significativo sulle indagini. La relazione indica che il decesso di Liliana potrebbe essere avvenuto nella fascia oraria mattutina, presumibilmente entro le 12:00, basandosi sull’ora dell’ultima colazione della vittima, consumata tra le 8:00 e le 8:30. Questo nuovo elemento potrebbe rivelarsi cruciale nel riesaminare gli alibi di eventuali sospetti.

Le Parole della Criminologa Roberta Bruzzone

Durante una recente puntata del programma “Zona Bianca”, la criminologa Roberta Bruzzone ha fornito un’analisi approfondita del caso, evidenziando le complessità che ostacolano la ricerca della verità. Bruzzone ha sottolineato che il problema principale non è solo la nuova consulenza tecnica, che mette in discussione aspetti fondamentali, ma anche il tempo trascorso dall’accaduto. “Dopo più di tre anni, molte attività investigative che potrebbero essere decisive per verificare gli alibi di alcune persone sono diventate più complesse,” ha dichiarato.

Bruzzone ha anche messo in evidenza la difficoltà di conciliare le diverse interpretazioni delle autopsie. Mentre la prima analisi medico-legale aveva portato a considerare il suicidio, la nuova perizia suggerisce un possibile omicidio. La criminologa ha avvertito che è comune che esami autoptici condotti da esperti diversi portino a conclusioni divergenti, alimentando ulteriormente la confusione.

Un’Indagine Sempre Più Complessa

Il caso di Liliana Resinovich si trova ora in una fase complicata. Bruzzone ha espresso dubbi sulla possibilità di arrivare a una conclusione decisiva, avvertendo che la revisione dell’ipotesi iniziale deve essere supportata da prove concrete. “Non stiamo solo cercando di stabilire se c’è stata un’aggressione, ma dobbiamo anche identificare con certezza il luogo dell’accaduto e l’eventuale presenza di una terza persona,” ha sottolineato.

Queste dichiarazioni sollevano interrogativi inquietanti: se Liliana non si fosse tolta la vita, chi potrebbe essere coinvolto nella sua morte? Esistono prove tangibili che possano portare all’emergere di nuovi sospettati?

Il Ruolo della Procura e le Difficoltà Investigative

Dal punto di vista giudiziario, la Procura di Trieste ha sempre basato le proprie conclusioni sugli elementi disponibili al momento dell’indagine. Inizialmente, non erano emerse evidenze sufficienti per ipotizzare un omicidio, giustificando così la richiesta di archiviazione del caso. Tuttavia, l’arrivo di nuove analisi potrebbe aprire la strada a ulteriori sviluppi investigativi.

Una delle sfide principali è legata al tempo trascorso. Dopo tre anni, è probabile che molte prove materiali siano state compromesse o addirittura perse, e le testimonianze che avrebbero potuto fornire dettagli cruciali potrebbero non essere più affidabili.

La Reazione della Comunità e dell’Opinione Pubblica

Il caso di Liliana Resinovich ha attratto una notevole attenzione mediatica e ha diviso l’opinione pubblica. Da un lato, c’è chi crede fermamente che si tratti di un suicidio; dall’altro, molti ritengono che ci sia un colpevole ancora libero. La famiglia della vittima, insieme a molti cittadini, chiede giustizia e chiarezza su una vicenda che continua a rimanere avvolta nel mistero.

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