Centri albanesi, Giorgia Meloni cambia idea: “Ci vadano gli irregolari

Il governo italiano sta considerando un radicale cambiamento nella gestione dei centri per il rimpatrio in Albania, come confermato dal Ministro per gli Affari Europei, Tommaso Foti, in un’intervista rilasciata a Repubblica. Questa nuova strategia mira a evitare che le strutture rimangano vuote per mesi, accelerando l’attuazione senza attendere la sentenza della Corte di Giustizia Europea.

La Premier Giorgia Meloni ha discusso la questione venerdì con il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e il Sottosegretario Alfredo Mantovano. L’idea principale consiste nel trasformare i due centri albanesi, attualmente destinati all’accoglienza, in Centri per il Rimpatrio (Cpr) per migranti irregolari già presenti in Italia e soggetti a un decreto di espulsione. In questo modo, le strutture non sarebbero più utilizzate come punti di prima accoglienza per i migranti intercettati in mare, ma come veri e propri centri di rimpatrio. Questa modifica consentirebbe di saltare il passaggio delle convalide del trattenimento da parte delle Corti d’appello, che finora hanno sempre rigettato tali richieste.

I centri di Shengjin e Gjader subiranno quindi una trasformazione significativa. Shengjin, attualmente un hotspot per la prima accoglienza, cambierebbe la sua funzionalità, mentre Gjader, composto da due strutture—una per il trattenimento e una progettata per la convalida mai concessa dai giudici—verrebbe completamente riconvertito.

 

In aggiunta a questa proposta, è emersa anche un’altra opzione, suggerita da Matteo Renzi, che prevede l’utilizzo di questi centri come penitenziari per detenuti albanesi in Italia. Tuttavia, questa scelta non consentirebbe al governo di presentare il progetto come uno strumento di “deterrenza” contro le partenze dei migranti, un aspetto di fondamentale importanza per l’esecutivo.

L’attuazione del piano, tuttavia, presenta diverse complessità giuridiche. Alcuni magistrati avvertono che Gjader, essendo situato in territorio albanese e soggetto a un protocollo bilaterale, non potrebbe fungere da centro di rimpatrio per migranti già presenti in Italia, almeno fino all’entrata in vigore delle nuove norme europee previste dal Patto asilo e immigrazione del 2026.