IL PICCOLO NON CE L’HA FATTA, È MORTO A 2 ANNI: UCCISO DAL PAPÀ A CALCI E PUGNI

Storie difficili da raccontare anche per chi è giornalista da anni, occupandosi di cronaca tutti i giorni. Quando le vittime sono piccole creature, che potrebbero essere benissimo i nostri figli, il dolore è tanto, così lacerante, che si fa fatica, molta fatica.

Ma sono storie che, seppur terribili, vanno assolutamente dette, affinché la violenza che pervade la nostra società, costituendone una piaga difficile da estirpare, possa essere contrastata dalle istituzioni.

Le atrocità commesse contro minori sono devastanti. Si passa dai maltrattamenti reiterati, a pugni, calci, schiaffi, molestie, abusi, violenze sessuali…. un lungo elenco di gesti che sono l’emblema dell’efferatezza intrinseca negli esseri umani.

Tutto questo, spesso, ha un esito fatale, comportando il decesso delle povere vittime innocenti che non avevano i mezzi poteri difendere, per poter implorare aiuto .

Troppi piccoli diventati angeli all’improvviso per mano di chi avrebbe dovuto proteggerli incondizionatamente, al di sopra di tutto, trattandosi di chi li ha messi al mondo.

Il caso di cui voglio parlarvi riguarda un bimbo di 2 anni, ucciso a calci e pugni dal padre. Ma vediamo, più in dettaglio, quanto accaduto e come mai questa tragedia è ritornata sotto i riflettori. Il 22 maggio 2019, in una casa popolare alla periferia di Milano, un 26enne rom con la cittadinanza italiana ha massacrato a colpi di calci e pugni il figlioletto che non ce l’ha fatta. Sul cadavere del piccolo sono stati contati 51 pugni e calci in testa, lacerazioni del labbro superiore, morsi su braccia e schiena, ustioni con fiamma viva sotto un piede.

Un vero e proprio massacro. Il 25 maggio 2021, a distanza di due anni dall’infanticidio, la Corte d’Assise ha condannato il padre del bimbo all’ergastolo, con l’accusa di omicidio volontario e tortura. L’uomo era stato accusato anche di abusi nei confronti della compagna. Circa un anno dopo la sentenza, la Corte d’Assise d’Appello ha ridotto, in appello, la pena a 28 anni, riqualificando i fatti come “maltrattamenti del bimbo aggravati da lesione da morte, assolvendo invece l’uomo dai maltrattamenti alla compagna in funzione di una diversa (e opposta) valutazione della valenza probatoria delle dichiarazioni della donna. 

Il Tribunale per i Minorenni, aveva tolto alla madre il secondo figlio, quello che portava in grembo quando è avvenuto il delitto e nel 2021 i giudici avevano dichiarato il minore adottabile, collocandolo in una famiglia che aveva i requisiti per l’adozione. Ma ora la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, ordinando che sua madre possa tornare ad incontrare il bimbo, senza nominare un tutore provvisorio del piccoletto.

Tutta questa storia e i clamorosi ribaltamenti che si sono avuti in questi giorni, è stata raccontata dal giornalista Luigi Ferrarella sul Corriere. it. L’assistente sociale del comune, nel 2021, era stata l’unica favorevole all’adozione del minore ma la sua valutazione si è rivelata decisiva. Gli scorsi giorni, la Corte d’Appello, clamorosamente, ha deciso di accogliere il ricorso contro l’adottabilità del secondogenito della donna, presentato dall’avvocato della stessa, Laura Necioni. Così i giudici di secondo grado hanno restituito la responsabilità genitoriale alla giovane mamma. La decisione è stata presa sulla base dei progressi fatti nel proprio progetto di reinserimento sociale.

La donna, che si trovava, all’epoca dell’infanticidio, ai domiciliari per alcuni furti commessi tra il 2014 e il 2018, attualmente è stata accolta in una fondazione che collabora con il Centro Antiviolenza della Mangiagalli e ha ottenuto l’affidamento in prova ai servizi sociali dal Tribunale di Sorveglianza, in modo da finire di scontare la pena per i furti commessi in passato.